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La corsa agli armamenti
di Francesco Dall'Aglio
La morte del Maestro Vessicchio mette molte cose in prospettiva, ma torniamo a parlare della corsa agli armamenti.
Ieri scrivevo che se Trump ha intenzione di provare a trascinarci dentro la Russia quest'ultima non ha molta voglia di partecipare, e da molti punti di vista non ne ha nemmeno la possibilità, visto che è chiaro che a mettersi a far la gara con gli USA a chi brucia più soldi in armi ci perdi solo. Per quanto riguarda il comparto nucleare sta messa già bene, idem per il comparto missilistico, e la guerra in Ucraina ha fatto capire che non ha molto senso investire troppi soldi in armamenti "inutilmente" sofisticati.
A parte il fatto che possono essere messi fuori combattimento in modo relativamente facile da oggetti che costano pochissimo, la preoccupazione principale della Russia non è, nonostante le amenità di Rutte e del piciernaio, invadere il mondo ma difendersi dall'attacco NATO che continuano a ritenere più che probabile. Nessuna "power projection" e molto "Anti-Access/Area Denial" (A2/AD), in sintesi, per parlare come il colonnello.
Per cui servono molti mezzi affidabili piuttosto che pochi ad altissima tecnologia (perché purtroppo molti e ad altissima tecnologia è difficile averne): via i progetti scintillanti tipo T-14 Armata per concentrarsi sulle versioni rimodernate del T-72, T-80 e T-90, via il trasporto truppe sullo scafo Armata per i BMP-3 rimodernati anch'essi, via il Kurganets per i BTR-82A eccetera - e per la marina, basta perdere tempo e soldi per le portaerei, che in quest'ottica difensiva non servono a niente, e concentrarsi su sommergibili e corvette, e soprattutto ovunque missili, missili e missili, da terra, da mare e dal cielo, relativamente economici e, appunto, "Area Denial".
Chi invece sembra assolutamente disposta a seguire gli USA nella corsa agli armamenti e anzi a provare a farceli precipitare, visto che al momento tra i due è quella con le maggiori capacità economiche e soprattutto produttive, è la Cina. A differenza della Russia il suo problema non è essere attaccata via terra ma essere soffocata via mare, rinchiusa nel quadrante di Oceano Pacifico delimitato da Filippine, Taiwan e Giappone. E dunque, conseguentemente, è proprio la marina la forza armata che sta sviluppando maggiormente, insieme all'aviazione, perché sempre a differenza della Russia deve spingersi lontano dai suoi confini.
L'altroieri è entrata in servizio la terza portaerei, la Fujian, che va ad affiancare la vetusta (ed ex-sovietica, venduta alla Cina dall'Ucraina che non aveva né modo né mezzi per portarla a compimento quando ancora si chiamava Varyag) Liaoning e la recente Shandong. E se le prime due navi portano, insieme, una sessantina di J-15, la Fujian da sola porta tra i 50 e i 70 J-35, aerei radar KJ-600 ed elicotteri Z-20, ed è equipaggiata con soluzioni tecniche all'avanguardia quali la catapulta elettromagnetica.
Con tre portaerei la capacità A2/AD cinese nella "prima catena di isole" è sostanzialmente completa e il piano per i prossimi anni prevede l'entrata in servizio entro il 2028 della prima portaerei a propulsione nucleare, che consentirà la proiezione nella "seconda catena di isole" e la sicurezza dello stretto di Malacca, e di altre due, sempre nucleari, entro il 2040 che le consentiranno una proiezione mondiale usando i porti dei paesi amici.
Noi continuiamo sempre a considerare fondamentale per i destini del mondo il piccolo conflitto regionale in Ucraina, ma il baricentro ormai si è spostato molto, molto lontano da noi, il che potrebbe anche essere la nostra fortuna se ci giochiamo bene le carte nei prossimi dieci anni (spoiler: ce le stiamo giocando male).
 
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