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La statistica secondo Mentana
di Raffaele Florio
Da anni ci raccontano che i sondaggi sono la bussola della democrazia. Ma in Italia la bussola ha la stessa affidabilità di un navigatore comprato al mercato: giri a destra e ti ritrovi in mare aperto. E allora capita che il direttore Enrico Mentana, celebrato come “lo svizzero del giornalismo” per precisione e neutralità, presenti in tv l’ennesimo sondaggio sul gradimento dei partiti.
Peccato che, come spesso accade, la precisione sia tutta nelle grafiche colorate: il resto è un’opera di illusionismo degna del Mago Silvan, ma con meno glamour.
Guardiamo i numeri scritti in piccolo, così piccoli che nemmeno un rapace notturno li distinguerebbe. Fate lo zoom alle scritte in piccolo. I cittadini interpellati sarebbero 5665. Impressionante, penserà lo spettatore diligente: “Finalmente un campione serio”.
Peccato che 4665 su 5665 non rispondono. Per timidezza? Per paura? Per ribellione civica? Perché dovevano portare fuori il cane? Non lo sapremo mai. Abbiamo solo un dato certo: l’80% del presunto campione sparisce come gli elettori nei talk show pre-elettorali.
Restano 1200 anime che, bontà loro, rispondono. E tra questi, solo 376 dichiarano di preferire Fratelli d’Italia. Eppure, da questi 376 ardimentosi si ricava il “Paese reale” che “premia Giorgia Meloni”, mentre i grafici scorrono come le bandiere allo stadio.
È come se chiedessimo in un bar chi tifa: se ci finiscono dentro dieci ultrà, allora l’Italia è tutta curva sud. La statistica trasformata in tifoseria.
E soprattutto, trasformata in titolo: “Meloni inarrestabile”.
Perché fermarsi ai numeri, quando esiste il racconto televisivo?
Ma la cosa più interessante non è Mentana. Lui fa ciò che fanno tutti i direttori che devono mantenere l’equilibrio tra la linea editoriale e il mestiere. Il problema è la fila di giornalisti che annuisce, compila pezzi, cita percentuali, costruisce analisi politiche su un castello di sabbia e silenzi.
Il risultato? Un Paese dove il consenso non si misura: si fabbrica.
Si racconta un’Italia che applaude, tifa, si entusiasma. E quando ti accorgi che fuori, nella realtà, quell’entusiasmo non c’è, ti dicono che non capisci la “percezione”.
Altro che percezione. Qui la matematica è stata sequestrata, chiusa in un baule, e sostituita con un pennarello indelebile.
Si dirà: “Ma così funziona la statistica”. Certo. Come no. E allora perché lo scrivono in carattere 6, tra gli ingredienti delle merendine e le avvertenze dei farmaci?
Se fosse tutto così trasparente, lo metterebbero a schermo pieno, grande, chiaro, come il faccione dell’ospite di turno.
Invece no. Si preferisce l’effetto ottico: una cifra in evidenza e il resto sotto al tappeto.
Il tappeto dell’informazione italiana, ovviamente.
La domanda allora non è quanto valga davvero Fratelli d’Italia.
La domanda è: quanto vale ancora il giornalismo che prende i dati come dogmi e li spaccia per verità?
La risposta, purtroppo, non ha bisogno di sondaggi.
 
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