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Lo straniero ha accoltellato. Ma era italiano
di Giuseppe Morelli
Un fatto di cronaca grave e simbolico è accaduto lunedì mattina nella zona di Piazza Gae Aulenti a Milano, dove una donna di 43 anni è stata accoltellata alle spalle mentre si recava al lavoro. L'aggressore, identificato come Vincenzo Lanni, italiano di 59 anni, nato a Bergamo, è stato arrestato dopo circa undici ore di fuga.
Eppure, a poche ore dalla notizia, su molti social network e tramite gli account di alcuni esponenti politici “di destra”, erano già apparsi termini come “risorse”, “stranieri”, “musulmani” o “immigrati” come presunti autori dell’aggressione, senza alcuna verifica dei fatti e in totale assenza di elementi che lo suggerissero.
In realtà, gli elementi accertati indicano che l’aggressore era italiano, con alle spalle analoghi episodi di violenza.
Quello che é accaduto, e parlo di queste "reazioni" al crimine, sono lo specchio di una piaga più profonda che attraversa la nostra società e la politica. Il razzismo, inteso come attribuzione di colpe, sospetti o paure basate sull’origine, sulla religione o sull’aspetto è un veleno che corrode la fiducia collettiva, amplifica l’insicurezza e alimenta divisioni.
Quando la reazione immediata è “lo straniero ha accoltellato”, senza attendere che emergano i fatti, si contribuisce a costruire un «nemico» pubblico, a catalogare gruppi sociali come se fossero potenziali criminali per definizione.
In Italia il razzismo è una ferita ancora aperta, e non mi riferisco solo all'“odio esplicito”, ma anche alla forma più "sottile" e odiosa del sospetto automatico, della narrazione pronta dei politici e della colpevolizzazione che va a cercare un capro espiatorio facile.
 
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