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04 novembre 2025
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MOREL rivoluzione delle élite o rivolta delle illusioni?
di Laurent Luboya

Si presentano come l'avanguardia di una "rivoluzione delle élite". Ingegneri, medici, avvocati congolesi stabiliti in Francia, riuniti intorno al movimento MOREL, dicono di voler lavorare per la segreteria generale della Francofonia per tornare nella Repubblica democratica del Congo.

Ma guardandola da vicino, una domanda fastidiosa: a che serve una poltrona in francofonia quando il paese brucia?

Il Congo oggi è dilaniato da una guerra silenziosa, abbandonato proprio da chi dovrebbe difendere la sua sovranità. Mentre le donne vengono stuprate in Oriente e i villaggi scompaiono, alcune delle sue élite, comodamente insediate nelle capitali europee, combattono per un'istituzione ereditata dal sistema coloniale.

Il contrasto è forte. E rivelatore.

La francofonia, nonostante la sua vernice culturale, rimane una macchina di influenza politica e linguistica al servizio della Francia e dei suoi interessi. Voler "riprendere" la propria segreteria è lottare per una bandiera che non sventola per noi. È rivendicare un posto nella casa padronale invece di costruirci la nostra.

La vera rivoluzione delle élite africane non è conquistare le strutture coloniali, ma superarle.

Creare autonomia linguistica africana, dare alle nostre lingue, conoscenze e immaginazioni il posto che meritano nell'istruzione, nella scienza e nei media.

Il combattimento panafricano del XXI secolo non si vince a Parigi, ma a Kinshasa, Goma, Bamako, Ouagadougou, Lagos. Non si tratta di chiedere un posto a Francofonia, ma di costruire un'Africofonia libera, plurale e radicata.

Finché parliamo le lingue degli altri per pensare il mondo, continueremo a sognare i sogni degli altri.

"Un popolo che perde il controllo della propria cultura perde il controllo del proprio destino" ha detto lo sceicco Anta Diop.

Così il MOREL avrebbe vinto per rivedere la sua missione. Piuttosto che una "rivoluzione d'élite", abbiamo bisogno di una rivoluzione delle coscienze: che liberi gli africani dall'illusione del prestigio occidentale per riportarli all'essenziale: educazione panafricana, ricerca autonoma, informazione libera e orgoglio linguistico.

Perché il futuro del Congo e dell'Africa non si svolge nelle sale della Francofonia, ma nei cuori e nelle menti di chi rifiuta di essere subappaltatori culturali di un impero morente.


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