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04 novembre 2025
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Non metteremo ostacoli a chi ha voglia di fare... Ah, no
di Elisa Fontana

Questo è il governo che passerà alla storia non solo per la sua longevità, ma soprattutto per aver scardinato tutte quelle sciocche credenze, quasi superstiziose verrebbe da dire, sulla serietà dello Stato e sul valore della sua parola.

Nella prossima finanziaria, sulla quale da giorni i partiti della maggioranza stanno contrattando come mercanti levantini, ci sono un paio di righe che passano quasi inosservate, ma che sono economicamente ed eticamente dirompenti. Dal prossimo 1° luglio le imprese italiane pur avendo legittimi crediti fiscali non potranno più usarli in compensazione di debiti nei confronti dei contributi previdenziali dell’ INPS e dei premi assicurativi verso l’INAIL.

Hai un credito fiscale e nel tuo bilancio hai deciso di destinarlo al pagamento dei contributi previdenziali dell’INPS? Dall’anno prossimo non potrai più farlo, in barba a quanto pattuito fra te, imprenditore, e lo Stato. E, dunque, se hai immaginato un certo bilancio, delle spese, degli investimenti, sicuro del fatto che avevi nel cassetto crediti fiscali che ti permettevano di non pensare ad alcuni pagamenti, contrordine camerati, abbiamo scherzato. Dovete pagare con denaro sonante, in barba ai vostri piani e ai vostri investimenti.

L’allarme nel settore imprese è grande, perché questa norma rischia di compromettere la pianificazione finanziaria di migliaia di imprese e promette una drastica riduzione della liquidità disponibile, soprattutto nelle piccole imprese.

Ma perché tutto questo can can potenzialmente esiziale per molte imprese? Per scatenare una “lotta alle indebite compensazioni” e, dunque, per colpire i furbi si paralizzano gli onesti, mi pare non faccia una piega, no? Poi magari ci potrebbero spiegare come funziona questa lotta ai furbini, se non si possono più usare i crediti per compensare debiti verso INPS e INAIL, ma si possono continuare ad usare tranquillamente per pagare l’IVA o l’IRES.

Ora, per la contraddizion che nol consente, direbbe il poeta, se questi crediti possono essere frutto di indebite compensazioni, diventano frutto di corrette compensazioni a secondo di cosa si paga? Almeno si mettessero d’accordo con i propri neuroni prima di aprire bocca, dichiarare e scrivere nero su bianco.

Ma al di là del danno economico alle imprese, perché stiamo parlando di almeno 140 miliardi di crediti già maturati soprattutto nel settore edilizio, non possiamo non sottolineare un altro aspetto ugualmente importante: viene totalmente a crollare la fiducia dei cittadini su quanto ti assicura lo Stato. Non si può impunemente cambiare le regole del gioco a gioco iniziato e pretendere che la tua reputazione rimanga intatta.

Chi crederà più alle promesse dello Stato? Quale impresa farà i suoi piani di bilancio fidandosi di quanto assicurato dallo Stato? Il danno reputazionale di una maldestra manovra come questa è incalcolabile e, soprattutto, minimamente calcolata dai geniali ideatori.

Perché questo è proprio il classico caso in cui per buttare l’acqua sporca, cioè i truffatori di indebiti crediti, si butta anche il bambino, cioè le persone oneste, in una mancanza totale di visione etica della funzione della politica, del governo, dello Stato.

Per un governo che non fa altro che chiacchierare di sostegno alle imprese e difesa degli imprenditori, nella migliore delle ipotesi è un autogol, nella peggiore l’ennesima prova di pressappochismo e scarsissima diligenza nell’emanare leggi e regolamenti, incuranti degli effetti e dei danni non indifferenti che provocano ai cittadini e allo Stato.

Bella prova, davvero. L’ennesima verrebbe da dire, ma sicuramente non l’ultima.


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