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Caso Fiano: caro Lele, basta fare la vittima, pensiamo alla ferita di Gaza
di Francesco Rizzati
Conosco Lele (Emanuele Fiano, ndr) da quando aveva 15 anni, con Gabriella Finzi (madre di sua moglie) abbiamo costituito alla fine degli anni '70 la sezione milanese più brillante della stagione magnifica dell'unita' Berlinguer-Ingrao, PCI protagonista della lotta per la pace e aperto a tutte le istanze di progresso.
Allora ci contestava da sinistra, poi come quasi tutta la borghesia che aveva investito sul PCI, si è spostato su posizioni liberali, accettando di fare il polo progressista nel sistema capitalista e occidentalista.
Non so a quale frazione del sionismo si ispiri (tanti ebrei erano di sinistra, l'esperienza dei Kibbutz era un tentativo di applicare il socialismo) non lo vedo da molto ma quello che dice, o meglio non dice, non mi piace.
Gaza è una ferita talmente grave che non si può tacere, il genocidio parzialmente praticato è oggi nella testa della maggioranza degli ebrei, il vero dramma è questo.
Non farlo parlare a Ca' Foscari è stata la solita stupidata estremista che non capisce che è meglio il contradditorio: con chi è portatore di idee diverse, conoscerle ci serve anche per contestarle meglio.
Consiglio interessato (e non richiesto) a Lele, non reciti la parte della vittima che tale non è, avendo tutto il sistema dei media a disposizione, piuttosto ci spieghi cosa pensa della tragedia che coinvolge e travolge israeliani e palestinesi.
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