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26 ottobre 2025
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Tribunale di Gaza emana documento conlcusivo
di Gabriella Mira Marq

Il Tribunale per Gaza, riunitosi ad Istanbul per le ultime udienze chiudendo un anno di lavoro, ha emesso domenica le sue conclusioni definitive e il suo "giudizio morale", dichiarando che Israele sta perpetrando un genocidio contro i palestinesi di Gaza e invitando la comunità internazionale ad adottare misure urgenti per fermarlo.

La dichiarazione- letta da Christine Chinkin, che ha presieduto la Giuria della Coscienza - ha concluso quattro giorni di udienze pubbliche in cui giuristi, esperti e testimoni internazionali hanno presentato prove e testimonianze su quelli che hanno descritto come crimini sistematici.

"La Giuria, guidata dalla coscienza e informata dal diritto internazionale, non parla con l'autorità degli Stati, ma quando il diritto viene messo a tacere dal potere, la coscienza deve diventare il tribunale finale", hanno affermato i membri, sottolineando che il Tribunale "è una risposta della società civile alla continua mancanza di responsabilità per la commissione di genocidio da parte di Israele nella Striscia di Gaza. Crediamo che il genocidio debba essere denunciato e documentato e che l'impunità alimenti la violenza continua in tutto il mondo".

"Il genocidio a Gaza è una preoccupazione che riguarda tutta l'umanità. Quando gli Stati tacciono, la società civile può e deve far sentire la propria voce", hanno aggiunto i membri di quello che infatti non è un tribunale istituzionale ma composto da esperti e attivisti volontari.

Essi hanno affermato che il lavoro del Tribunale per Gaza costituisce "un archivio prezioso... che fornisce prove durature della verità sul genocidio contro il popolo palestinese" e hanno espresso solidarietà "con le manifestazioni, le marce, gli accampamenti, le flottiglie, gli scioperi e altre azioni di protesta contro il genocidio e la riluttanza degli stati a chiamare Israele a risponderne".

Hanno affermato che la sentenza "offre una contro-narrazione alla narrativa sulla sicurezza che Israele e i suoi alleati trasmettono con insistenza", respingendo un linguaggio che inquadra la sofferenza palestinese semplicemente come un disastro umanitario.

La giuria ha affermato di aver esaminato numerose prove sui crimini, sulle loro cause, sulla collusione e complicità di altri attori, nonché sulla resilienza dei palestinesi, sottolineando che le sue conclusioni si basano sul diritto internazionale, sui trattati sui diritti umani, sullo Statuto di Roma e "sulla convinzione incrollabile che ogni vita umana abbia pari valore".

La dichiarazione si fonda sugli imperativi morali della giustizia naturale e ribadisce e approva la Dichiarazione di Sarajevo adottata nel maggio 2025, pertanto ha condannato quello che ha definito "un genocidio in corso" e un "modello coerente e costante di violenza sterminatrice", tra cui la distruzione di massa intenzionale di proprietà residenziali e infrastrutture – elettricità, acqua, servizi igienici – che ha portato a una profonda perdita culturale e alla disintegrazione della comunità, nonché alla distruzione di riserve idriche, ospedali, scuole, università, siti culturali e agricoltura.

Ha affermato che "la trasformazione della fame in un'arma, la negazione delle cure mediche e gli sfollamenti forzati non sono danni collaterali della guerra, ma strumenti di punizione collettiva... e di genocidio". "Non sono giustificati da alcuna rivendicazione di obiettivi militari", ha aggiunto la giuria.

Oltre al genocidio nel suo complesso, la dichiarazione accusa Israele di una serie di crimini specifici, tra cui:
• Fame e carestia attraverso la deliberata negazione di cibo e acqua e la distruzione sistematica del sistema alimentare
• Definizione ampliata di domicidio, che include la distruzione di ricordi, speranze e continuità culturale
• Definizione ampliata di ecocidio, che include il danno ambientale catastrofico che distrugge la capacità di sopravvivenza dopo la cessazione dei bombardamenti
• Distruzione deliberata e attacchi alle infrastrutture e al personale sanitario descritti come "sistematici da decenni"
• Riproducicidio, definito come attacco sistematico alle cure riproduttive palestinesi per eliminare vite future e la capacità di riprodursi in sicurezza
• Scolasticidio, descritto come il genocidio della conoscenza attraverso l'uccisione, il silenzio e lo sfollamento di una generazione di studenti e insegnanti
• Attacchi ai giornalisti, descritti come attacchi alla "documentazione del genocidio"
• Tortura, violenza sessuale, sparizioni e violenza di genere in molteplici contesti
• Politicidio: assassinio e rapimento di leader politici e culturali, rappresentanti, attivisti e distruzione di istituzioni civiche

Il rapporto afferma inoltre che i governi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, sono stati complici e in alcuni casi collusi, fornendo "copertura diplomatica, armi, componenti di armi, intelligence, assistenza militare e addestramento... costituendo una violazione del loro dovere legale di prevenire il genocidio e di cooperare per porre fine alla violazione di una norma imperativa del diritto internazionale: il genocidio e il diritto all'autodeterminazione dei palestinesi".

"Il silenzio e l'inazione di fronte al genocidio non sono un'opzione e sono altre forme di complicità", afferma.

I risultati aggiungono che i media, le istituzioni accademiche, le catene di approvvigionamento globali, le banche, i trasporti, le aziende high-tech e i servizi di cloud computing stanno sostenendo lo sforzo bellico, così come i resoconti faziosi dei media occidentali che si conformano agli interessi politici ed economici delle élite al potere, formando quella che viene descritta come "l'economia politica del genocidio... la più alta forma di iper-imperialismo del XXI secolo".

La giuria ha sostenuto che la governance globale non stava rispettando i propri doveri. "Le Nazioni Unite, paralizzate dal veto e dalla selettività politica, hanno abdicato alla loro responsabilità fondamentale di 'salvare le generazioni future dal flagello della guerra'". Ma ha elogiato le procedure speciali del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, tra cui la Relatrice Speciale Francesca Albanese e la Commissione d'inchiesta.

L'iniziativa ha collegato gli eventi attuali a "un regime di apartheid coloniale durato oltre un secolo, radicato nell'ideologia suprematista del sionismo... sostenuto da una struttura di potere neocoloniale guidata dagli Stati Uniti e dai loro alleati, e protetto dalla complicità internazionale". Ha affermato che il genocidio è altamente visibile in tempo reale e perpetrato con tecnologie avanzate contro una popolazione prigioniera in un territorio chiuso, e che, nonostante gli interventi della Corte Internazionale di Giustizia e della Corte Penale Internazionale, Israele ha ignorato impunemente i processi giudiziari internazionali e che persino il personale della CPI e le ONG che lo assistono sono stati sanzionati dagli Stati Uniti.

Tra le sue raccomandazioni ci sono appelli:
• A ritenere responsabili tutti i colpevoli, i sostenitori e i complici "politicamente, militarmente, economicamente e ideologicamente"
• A sospendere Israele dalle organizzazioni internazionali, in particolare dall'ONU
• Ad attivare il meccanismo "Uniting for Peace" per istituire una forza di protezione per i territori palestinesi

Il comunicato riaffermava il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e sollecitava "fermezza e non sfollamento", insieme a un movimento globale coordinato per smantellare le strutture sioniste e isolare il regime in tutti gli ambiti.

"La lotta è contro il sionismo in quanto impresa razzista, suprematista e colonialista, non contro gli ebrei o l'ebraismo", si legge nella dichiarazione, che chiede un "ordine politico unico basato sui diritti, fondato sull'uguaglianza, la decolonizzazione, la restituzione e il diritto al ritorno senza restrizioni".

Emanando le conclusioni "in nome della giustizia, della dignità e della pace", la giuria ha concluso con un avvertimento finale: "Il silenzio non è neutrale; il silenzio è complicità; la neutralità è resa al male".

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