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16 ottobre 2025
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Meloni, Kallas e la missione a Gaza
di Elisa Fontana

E, dunque, la nostra amata presidenterrima si è precipitata nei giorni scorsi a Sharm- el-Sheikh per la firma di quella presuntissima pace fra Israele e palestinesi, entrambi così pacificati da essere assenti allo storico momento, giusto per misurare la serietà della faccenda.

Guadagnato uno strapuntino accanto al ficus d’ordinanza per la foto di gruppo, fattasi dire da Trump che è bellissima e che tutti devono comprare il suo libro che uscirà a breve negli Usa, e fattasi redarguire da Erdogan sulla fondamentale questione che deve smettere di fumare, ecco, fatto tutto ciò, la Nostra ha dichiarato baldanzosa che l’Italia è pronta a fare la sua parte a Gaza.

E qui cominciano i guai, perché il governo dei prontissimi annaspa anzichenò. Giorgina ha dichiarato che appena aprirà il valico di Rafah e tornerà ad essere operativa la missione EUBAM della UE, noi manderemo 8 carabinieri a supervisionare il passaggio degli aiuti umanitari. Che sarebbe cosa buona e giusta se solo Giorgina avesse fatto un colpo di telefono a Kaja Kallas che lunedì scorso aveva annunciato il ritorno della missione come primo contributo concreto della UE al piano di pace di Trump.

Ma come quasi tutti gli annunci di Kallas c’è stata immediatamente una marcia indietro. “La missione resta in stand by per essere dispiegata non appena le condizioni lo consentiranno”, questa la secca dichiarazione di un portavoce che non ha voluto precisare quali siano queste condizioni. E d’altronde forse la UE sta mostrando più pacatezza e lungimiranza, in vista anche della estrema fragilità di quella che pomposamente chiamano pace ma che è solo una tregua, se regge.

E, dunque, lasciata in stand-by per ora la missione Eubam e gli 8 carabinieri, toccherebbe al governo mettere in campo idee e iniziative, ma la confusione regna sovrana senza nessun coordinamento. L’unico atto degno di nota è stato la nomina dell’ambasciatore Bruno Archi a inviato speciale per la ricostruzione di Gaza.

L’ambasciatore Archi almeno gode fama di ottimo conoscitore in tema di sicurezza e cooperazione internazionale, ma è ovvio che l’input al suo incarico deve essere politico. E da quel lato lì siamo fermi alle democristianissime dichiarazioni di Tajani in Parlamento, piene di buoni quanto generici propositi che tendono all’obiettivo finale e del tutto aleatorio di uno Stato palestinese o alla partecipazione italiana dell’ipotetica missione ONU a Gaza, prevista dal piano di Trump.

Insomma, un coacervo di tentativi, propositi, desideri abbastanza velleitari. Ah, no, c’è la disponibilità del governo a mandare a Gaza le casette che la nostra Protezione civile ha usato in caso di terremoti. Le installeranno sopra i cumuli di macerie? Chissà.

Rimane solo una domanda: era davvero il caso di farsi trattare da valletta da Trump e da bambina discola da Erdogan giusto per ottenere un po’ di propaganda su Telemeloni e derivati? Donne avete davvero un bell’incentivo per impegnarvi a sfondare il tetto di cristallo, chissà magari la prossima volta vi faranno pure portare i vassoi con le bibite mentre gli uomini decidono.

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