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Tutto mi riporta al campo
di
Rinaldo Battaglia *
‘Tutto mi riporta al campo.
Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda.
Il mio spirito torna sempre nello stesso posto.
Non si esce mai, per davvero, dal crematorio’.
Shloomo Venezia – da ‘Sonderkommando Auschwitz’
Il 1° ottobre 2012 – 13 anni fa - moriva a Roma Shlomo Venezia, l'unico 'sonderkommando' italiano ad essere sopravvissuto alla deportazione ad Auschwitz-Birkenau.
Shloomo (o Shlomo), ebreo italiano, italianissimo sebbene nato a Salonicco, fu deportato a 19 anni, durante l’invasione italiana e tedesca della Grecia. Perse nel lager la madre e due sorelle, subito gasate.
Venne assegnato al ‘sonderkommando’, quello destinato a smaltire e cremare i corpi dei deportati, dopo aver loro prelevato tutto il prelevabile. Fu uno dei pochissimi del ‘sonderkommando’ a sopravvivere, senza mai capirne il motivo. Cosa rarissima perchè ogni 15 giorni gli addetti a quel ‘lavoro’ venivano uccisi ('sostituiti' dicevano i nazisti) per non lasciare testimoni in vita.
Visse a Roma fino alla morte portando ovunque la sua esperienza quale manifesto sulla Shoah. Roberto Benigni lo volle nella realizzazione del film Oscar ‘La vita è bella’, come suo ‘consulente personale’. E Roberto Benigni disse che per lui fu un onore aver potuto ‘conoscere’ da vicino Shloomo. Un onore e una fonte continua di ispirazione.
Se uno di noi oggi volesse capire cos’è stato il nazi-fascismo, le leggi razziali del '38 e la Shoah deve leggere almeno alcune righe di ‘Sonderkommando Auschwitz’.
Poi non sarà più la stessa persona.
E se non lo fosse, credo debba seriamente preoccuparsi.
"Altre volte mi hanno chiesto, per esempio, se qualcuno sia mai rimasto vivo nella camera a gas. Era difficilissimo, eppure una volta è rimasta una persona viva. Era un bambino di circa due mesi. All'improvviso, dopo che hanno aperto la porta e messo in funzione i ventilatori per togliere l'odore tremendo del gas e di tutte quelle persone - perché quella morte era molto sofferta - uno di quelli che estraeva i cadaveri ha detto: “Ho sentito un rumore”.
Normalmente quando uno muore, dopo un po' finché non si assesta, il corpo ha dentro dell'aria e fa qualche rumore.
Abbiamo detto: “Questo poverino, in mezzo a tutti questi morti, comincia a perdere il lume della ragione”. Dopo una decina di minuti ha sentito di nuovo.
Abbiamo detto: “Tutti fermi, non vi muovete”, ma non abbiamo sentito niente e abbiamo continuato a lavorare. Quando ha sentito di nuovo, ho detto: “Possibile che senta solo lui? Allora fermiamoci un po' di più e vediamo cosa succede”.
Infatti, abbiamo sentito quasi tutti un vagito da lontano. Allora uno di noi sale sui corpi per arrivare laddove veniva il rumore e si ferma dove si sente più forte. Va vicino e, insomma, là c'era la mamma che stava allattando questo bambino. La mamma era morta e il bambino era attaccato al seno della mamma. Finché riusciva a succhiare stava tranquillo. Quando non è arrivato più niente si è messo a piangere - si sa che i bambini piangono quando hanno fame.
Il bambino era quindi vivo e noi l'abbiamo preso e portato fuori, ma ormai era condannato.
C'era l'SS tutto contento: “Portatelo, portatelo”. Come un cacciatore, era contento di poter prendere il suo fucile ad aria compressa, uno sparo alla bocca e il bambino ha fatto la fine della mamma. Questo è successo una volta in quella camera a gas. Ci sono tanti racconti, ma io non racconto mai cose che hanno visto gli altri e non io."
Grazie Shlomo, grazie per quello che io da te ho imparato della vita.
1° ottobre 2025 – 13 anni dopo - Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Terza Parte” - Amazon – 2025
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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