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26 settembre 2025
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Otto mesi a bambino
di Raffaele Florio

C’è voluto un quarto di secolo di processi, carte bollate e arrampicate difensive per sancire l’ovvio: don Roberto Mastro, ex parroco di Belcastro, non era il “padre spirituale” dei ragazzini che frequentavano l’oratorio, ma il loro carnefice. Diciassette minorenni, tutti sotto i quattordici anni, strappati all’infanzia dentro il luogo che avrebbe dovuto proteggerli.

Undici anni e mezzo di galera – pena già ridotta per prescrizione di alcuni capi – e una sfilza di interdizioni perpetue: dalle scuole, dagli uffici pubblici, da tutto ciò che abbia a che fare con i minori. Come se fosse necessario scriverlo nero su bianco.

Eppure, per un personaggio del genere, non c’è mai stata una misura cautelare, mai un carcere preventivo. Anzi: nel 2010, in piena indagine, se ne va dalla canonica in gran segreto, senza che nessuno muova un dito. Latita per anni, con discrezione clericale. Per la giustizia, evidentemente, l’abito talare pesa più delle prove. E solo ora, dopo Cassazione, la porta della cella si apre.

Siamo al paradosso: diciassette bambini violentati, la comunità devastata, e un intero apparato che per anni ha fatto finta di non vedere, non sapere, non sentire. I soliti silenzi complici. I soliti ritardi. Le solite prescrizioni, manna dal cielo per chi di cielo campava. Nel frattempo, i ragazzini sono diventati adulti, ma con cicatrici che non si prescrivono.

Il Vaticano tace. La Chiesa calabrese pure. Neanche un cenno di scuse pubbliche, una parola di vergogna, un atto di espiazione. Perché si sa: i processi agli uomini di Chiesa sono sempre fastidiosi incidenti, meglio farli scivolare nel silenzio. E guai a parlare di responsabilità istituzionale: qui la colpa è sempre del singolo prete “malato”.

E allora la domanda è la solita, amara e retorica: quanti don Mastro devono ancora devastare vite prima che qualcuno in curia, oltre a recitare il mea culpa, consegni davvero alla giustizia i suoi uomini invece di coprirli con omertà e trasferimenti?

Undici anni e mezzo per un orrore infinito. È la misura esatta del nostro Stato: indulgente con i potenti, inflessibile con gli ultimi. E indulgentissimo, da sempre, con chi indossa la tonaca.

Undici anni e mezzo per diciassette vite rovinate. Fate due conti: neanche otto mesi a bambino. Roba da far sembrare l’inferno una casa vacanze con vista sul paradiso.


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