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16 settembre 2025
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Il gioco della matrioska
di Andrea Battantier *

IL GIOCO DELLA MATRIOSKA (È l'apoteosi del non-pensiero. L'accettazione acritica di un dogma: l'Occidente è buono, il suo leader è infallibile, i suoi nemici sono il male assoluto. Qualsiasi logica, qualsiasi evidenza contraria, viene sacrificata sull'altare di questa fede primitiva).

La matrioska non è solo come un souvenir etnico, un simpatico gingillo da scaffale.

Facciamo una variante del gioco: la bambolina più piccola, quella di legno massello, irremovibile, è la Casa Bianca. E noi siamo quella più grande, di legno sottile, vuota dentro, che non fa che aprire il suo ventre per rivelare un'altra padrona, la NATO, che a sua volta si apre per rivelarne un'altra, e un'altra ancora, fino a trovare l'ultima, minuscola e dipinta con i colori dell'UE: ha le stelle degli Stati Uniti sugli occhi e un sorrisetto ebete stampato in faccia. Un capolavoro di arte pop…ulista.

L'Italia, non avrebbe nemici. Allora deve andarsene a cercarne uno. O meglio, deve adottare quelli del suo amico più grosso, quello che parla tronfio e arrogante, con la pistola sempre in mano. Il cui unico nemico è chiunque non sia d'accordo con lui.

Un accordo che, guarda caso, si chiama Patto. Patto Atlantico. Un patto come quelli di sangue. E il sangue, lo sappiamo, è sempre quello degli altri.

L'UE ha senso se: 1) fa soldi; 2) non fa la guerra.

Punto 1: l'Europa è un condominio di lusso dove gli inquilini della suite penthouse (tedeschi e francesi) hanno l'acqua calda e il riscaldamento, mentre quelli al piano terra (greci, italiani, spagnoli) devono pagare il condominio per l'acqua che non hanno e scaldarsi con i manifesti di Juncker.

Punto 2: tenere lontani i conflitti significa, nel nuovo dizionario, comprare armi americane per mandare il conflitto un po' più a est, in modo da non sporcare i giardini di Bruxelles. Siccome entrambi i punti sono falliti, l'UE non ha senso di esistere.

Una pulsione di morte collettiva. Uscire dalla NATO? Uscire dalla matrice? È un'idea così erotica, così trasgressiva, così...vuota. Perché poi? Per stare con chi? Con noi stessi? Con i nostri politici? Con le nostre banche?

L'orrore è fuori, certo, ma è un orrore familiare, un orrore che ci veste, che ci parla in inglese. L'orrore di un'Europa autonoma sarebbe un orrore nuovo, un orrore senza protezione, un orrore che ci costringerebbe a pensare. Meglio l'orgia nichilista del controllo a cascata. Almeno non dobbiamo scegliere.

Sembra che il miglior programma politico per l'Europa sia quello di legare il proprio destino, la propria economia e la propria sovranità a un paese lontano migliaia di miglia, la cui stabilità politica è periodicamente decisa da una faida tra clown e predicatori in uno sfarzoso reality show elettorale.

Hanno chiamato questo programma "Realpolitik". Io lo chiamo "commedia dell'assurdo", e temo che i biglietti per uscire dal teatro siano stati vietati. Siamo in gabbia. La paura del crollo, dell'essere lasciati soli, ha reso tutti accondiscendenti verso il guardiano. Preferiamo una sicurezza illusoria, anche se ci deruba della libertà, all'incertezza di un mondo dove forse, finalmente, dovremmo essere artefici del nostro destino.

Ma forse, più che una matrioska, è una perfetta architettura del potere imperialista. Gli USA designano i nemici, la NATO fornisce la struttura militare per minacciarli e l'UE, intrappolata al suo interno, ne subisce le conseguenze economiche e sociali, finanziando il tutto e chiamandolo "solidarietà atlantica". È il trionfo della propaganda: far credere al servo che l'interesse del padrone è il suo.

Io trovo tutto questo insopportabile. Abbiamo dimenticato la nostra storia, le nostre tragedie, e abbiamo consegnato la nostra memoria a un unico, noioso, narratore.

L'Europa è solo un riflesso stanco di un'altra volontà.

La lingua del padrone è l'inglese. Noi abbiamo dimenticato la nostra. Parliamo a mezza bocca, con parole che non ci appartengono. "Sicurezza", "Alleanza", "Minaccia". Sono parole vuote. Ci hanno tolto le parole per descrivere la nostra prigione, quindi non possiamo più descriverla.

Vedo le macerie della ragione e della diplomazia, sostituite da un cinismo armato fino ai denti, e penso: ci siamo riusciti. Abbiamo ricostruito tutto così bene da poterlo distruggere di nuovo, ma con un ordine e un'organizzazione ammirevoli.

L'Europa si sente piccola, insignificante, incapace di proteggersi da sola. Cerca quindi forza per procura, identificandosi con l'alleato più forte, anche a costo della propria autonomia. Abbiamo un continente anestetizzato. Abbiamo tradotto la profonda necessità di comunità e autodeterminazione, in un misero, patetico discorso su spread, sanzioni e forniture di armamenti. È una follia letteralmente senza cuore.

Ci avevano promesso che sarebbe stata una relazione necessaria. Ci siamo scoperti in una codipendenza tossica. Lui decide, noi obbediamo. Lui sbaglia, noi paghiamo. E quando proviamo a pensare di andarcene, ci diciamo: "E se poi sto peggio?".

È l'apoteosi del non-pensiero. L'accettazione acritica di un dogma: l'Occidente è buono, il suo leader è infallibile, i suoi nemici sono il male assoluto. Qualsiasi logica, qualsiasi evidenza contraria, viene sacrificata sull'altare di questa fede primitiva.

Muoiono le verità in stanze a vetri chiuse, sostituite dal rombo degli aerei che non sono i nostri, per guerre che non sono le nostre, mentre il nostro silenzio diventa una colpa sempre più grande. * Psicologo, Componente Commissione Tecnico-Giuridica dell'Osservatorio


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