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Essere conquistati nella pace
di Raffaele D'Agata *
Non tutti coloro che si agitano per sollecitare e anche guidare il “campo dei volenterosi”, imperniato sui paesi dell’Ue più la Gran Bretagna, ad affrontare perfino direttamente con una guerra una tremenda incombente minaccia russa, raffigurano puerilmente il contenuto di questa minaccia come un’invasione del continente che arrivi fino a Lisbona (salvo naturalmente vedersela poi con la Manica…).
Non arrivo nemmeno ad attribuire una tale puerile fantasia al più agitato di tutti, cioè Macron (il quale del resto ha fortunatamente altre ragioni per agitarsi in questi giorni, offerte dai propri sudditi). Si tratterebbe di qualcosa come un vassallaggio economico e finanziario nei confronti dell’immenso vicino dell’Est unito a una decisiva influenza politica e ad una condizionante simbiosi tecnologica. (Sto approfittando del modo in cui la “minaccia” è raffigurata qui da un avversario politico che seguo in quanto, volente o nolente, mi aiuta a ragionare).
Ora, innanzitutto questo mi ricorda molto un libello pubblicato nel 1921 da André Tardieu (destinato poi a flirtare con il movimento fascisteggiante delle Croix-de-Feu e infine ad essere riconosciuto da Pétain come proprio ispiratore in tema di idee costituzionali) per esaltare la propria opera di stretto collaboratore e consigliere di Clemenceau nell’imporre gli aspetti più disastrosi e obbrobriosi del Trattato di Versailles: un libello nel quale egli arriva a benedire la guerra del 1914 come ciò che aveva fermato e impedito la naturale tendenza della Germania, per la sua mole e le sue risorse, ad influire pacificamente sull’Europa: “Ci avrebbero conquistati nella pace”, scriveva infatti testualmente.
In secondo luogo, ciò descrive quasi perfettamente, piuttosto, e nella realtà, il genere di rapporto che gli Stati dell’Europa occidentale hanno attualmente con gli Stati Uniti d’America.
Questo rapporto è stato recentemente riassunto da Francesca Albanese, colpita da faticosamente concepibili ma reali sanzioni ad personam, citando per esempio la propria derivante impossibilità di usare la carta di credito. Se cose di questo genere diventassero meno probabili anche con il procedere di riforme globali in simbiosi, appunto, con l’area Brics, non so in che senso considerare ciò una minaccia.
Un vassallaggio economico e finanziario europeo nei confronti degli Usa, cessato nel 1971 il ben più leale e multilaterale residuo di quelle che erano le idee di Bretton Woods, esiste da quando un puro Dollar Standard esiste per accettata e finanziatissima finzione anziché come sana realtà, con conseguente anarchia finanziaria (o meglio dominio di pochi, come in tutte le anarchie), che ha costretto tutti a subirla dal momento che le regole finanziarie cattive scacciano le buone, al pari delle monete.
Infine, la temuta invasione dei baltici. Ce ne sarebbe davvero mai bisogno? A parte che i baltici fanno parte della Nato (quanto alla possibilità), l’orientamento pregiudizialmente antirusso dei baltici e il loro particolarmente stridulo appello alla guerra santa hanno senso solo come accentuazione passiva della pregiudiziale antirussa dell’UE.
Superata questa in una auspicabile Helsinki 2 (come quella del 1975) non ci sarebbero mutamenti territoriali necessari per avere su di essi una semplicemente naturale influenza, del genere di quelle paventate da fior di democratici come André Tardieu.
* Componente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio
 
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