Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
11 settembre 2025
tutti gli speciali

Cile: storia di Lelia
di Antonella Salamone

Lelia Pèrez aveva 16 anni quando fu arrestata dalla polizia cilena.

La prima volta che avvertì una scossa elettrica paralizzarle le gambe, capì che il suo corpo era stato degradato a pezzo di carne su cui testare lʼefficacia delle sevizie.

E mentre gli stupri si alternavano alle umiliazioni, ciò che più la terrorizzava era lʼassenza di una ragione.

Nessuno le fece mai una domanda, non ci furono interrogatori, solo sadismo fine a se stesso.

Del resto lʼabuso di potere non ha bisogno di alcuna giustificazione per mettere in scena i suoi orrori, bastano una divisa e un senso di impunità che ti avvelena fino al midollo.

Questa studentessa di 16 anni era diventata la cavia dei servizi di sicurezza, i cui soldati la usavano per esercitarsi alla tortura. “Gli spiegavano come interrogare, come applicare la corrente elettrica, dove e per quanto tempo.
Quando mi torturavano, finivo in un mondo tutto mio, era come se stessi guardando me stessa da fuori, come se non stesse accadendo a me. Dopo l’interrogatorio, ti riportavano nella tua cella.
Chiudevano la porta e la prima cosa che avvertivi era che qualcuno si avvicinava a te, ti prendeva le mani, ti aiutava a distenderti, ti toglieva le bende e versava un po’ d’acqua sulle tua labbra.
Le scariche elettriche provocavano tanto sudore e una forte disidratazione, avevi tantissima sete“.

Lelia passò cinque giorni prima di essere liberata, senza alcuna spiegazione, scaraventata in una strada, di notte. "Ero stata costretta a indossare vestiti di persone che avevamo visto morire.
C’era il coprifuoco e le poche persone che circolavano si tenevano a distanza.
La strada era piena di bordelli e alcune operatrici del sesso mi portarono dentro, mi fecero lavare e mi diedero dei vestiti.
Entrai in quello stadio a 16 anni, quando ne uscii mi sembrava di averne 60”.

Lelia fu costretta a lasciare il paese alla fine del 1976.

Oltre un decennio dopo, quando Pinochet lasciò il potere a seguito di un referendum, Lelia tornò in Cile e si recò a Villa Grimaldi per cercare di fare i conti col suo passato. Ora la casa coloniale è un centro culturale a disposizione della comunità locale.

“Abbiamo trasformato un luogo di distruzione in un centro di costruzione. Quella casa delle torture e della morte ora è uno spazio che promuove la vita”.


per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale