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Alberto Trentini: chi tace e chi mente?
di Elisa Fontana
Sarei curiosa di sapere chi mente nella vicenda di Alberto Trentini, il nostro connazionale, cooperante umanitario, detenuto da quasi 300 giorni nelle carceri venezuelane senza che si sappia perché e senza che si veda una fine alla sua detenzione.
Il nostro governo, dopo l’arresto avvenuto il 15 novembre 2024, ha convocato una riunione a gennaio 2025 e protestato ufficialmente con il governo venezuelano, chiedendo a tutti massima discrezione.
La cosa è normale in questi casi, dove il clamore mediatico può essere dannoso per qualunque trattativa e per la vita degli ostaggi. La cosa meno normale è che al silenzio di stampa e tv pare che non sia seguita nessuna trattativa.
Una sola telefonata formale della nostra Giorgina alla madre di Alberto ad aprile scorso, dopo 5 mesi dall’arresto, poi black out assoluto, niente ricevimento a Palazzo Chigi, niente richiesta del cellulare come avvenuto con la madre di Cecilia Sala, cui comunicò in diretta la liberazione della figlia chiamandola al cellulare e suscitando la sorpresa della donna quando vide sul display il nome di chi la stava chiamando.
Niente, silenzio assoluto, rotto solo ad agosto quando altri due prigionieri italiani sono stati rilasciati e il ministero ha dichiarato che “è un risultato maturato anche grazie al lavoro svolto dalla Farnesina e dalle istituzioni dello Stato” e a cui si è accodato l’imprescindibile ministro degli Esteri Tajani “Il governo Italiano non è immobile, perché già siamo riusciti a far uscire due cittadini italiani dal carcere”, dichiarazioni immediatamente smentite da un anonimo diplomatico venezuelano che sottolinea come l’Italia sia venuta a conoscenza della scarcerazione quando l’accordo era stato fatto.
Versione che trova conferma nella controparte che era seduta al tavolo negoziale che ha sottolineato con dispiacere il mancato impegno diplomatico italiano nelle due scarcerazioni. Lo stesso diplomatico sottolinea come nel caso di Alberto Trentini al momento l’Italia non ha nemmeno telefonato a Caracas, figuriamoci quindi se c’è una trattativa in corso.
A fine luglio ad Alberto viene permesso di fare una brevissima telefonata alla madre, circostanza che fa partire le trombe della propaganda, nella persona del sottosegretario Cirielli che parla di “passo avanti e lavoro diplomatico in corso”. Talmente in corso che il governo spedisce l’ambasciatore Vignali a Caracas a contrattare, senza che sia stato attivato a monte un canale politico, visto che l’Italia non riconosce il regime di Maduro.
Circostanza che espone l’incolpevole ambasciatore Vignali alla figuraccia di non essere nemmeno ricevuto e di essere rispedito immediatamente a casa, senza che si sia fatto un passo avanti sulla sorte di Alberto.
Può darsi che il diplomatico venezuelano menta spudoratamente su tutta la linea e, allora, basterebbero alcune precisazioni del governo per ristabilire la verità dei fatti, non in pubblico, ma almeno doverosamente alla madre di Alberto, perché altrimenti è difficile smentirla quando qualche giorno fa, alla Mostra del cinema di Venezia ha dichiarato: “Cosa penserà questo ragazzo del suo Paese che per mesi l’ha abbandonato e non si è attivato abbastanza per liberarlo?”.
Già, Giorgina, cosa penserà e cosa dovremmo pensare noi? Ma Giorgina, dopo averci emozionato sul perché ha indossato un tailleur di Armani al giuramento e aver minacciato querele a chi si permetteva di dire che aveva usato un volo di stato per andare a New York (e noi le crediamo senz’altro, anche se non ha mostrato il biglietto), tace.
Strano, vero?, un comportamento davvero inusuale, mai visto in tre anni di governo.
 
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