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08 settembre 2025
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Donne e bimbe di Gaza
di Rossella Ahmad

Il mio fine settimana è dedicato da oltre un anno e mezzo oramai ai miei gazawini, a cui si è aggiunto un piccolissimo drappello di piccoli eroi giunti da Gaza nelle ultime settimane, e ricoverati in due nosocomi cittadini. Andiamo a trovarli appena possibile, e portiamo loro cibo buono e tutto il calore e l'affetto che meritano questi piccoli sopravvissuti alla strage di Erode.

Di una piccolissima eroina avrete sicuramente letto. È Sham, giunta a Napoli che pesava poco più di una piuma. L'avevo vista poco dopo il suo arrivo. Una minuscola bambola di carta velina, che avevo timore persino a toccare, e la cui inconsistenza fisica mi aveva afflitta e demoralizzata In questa parte di mondo, non siamo abituati a vedere cose del genere.

Sham era irrequieta quel primo giorno, il sondino occupava gran parte del piccolo viso infastidendola, ma già allora avevo avuto la netta percezione dell' enorme spirito di sopravvivenza di cui dava prova: con deboli gemiti reclamava il porridge iperproteico con cui è ancora nutrita. Tra un boccone e l'altro si indispettiva. Questi sono i bambini a cui è stato negato il sostentamento. Ricordiamocelo sempre.

Sham migliora a vista d'occhio. È aumentata di peso, reclama ancora il suo cibo, ed interagisce con gli estranei. Questa sera l'ho baciata sulla fronte più e più volte, dalla nuca, e lei ha sollevato gli occhioni color nocciola per guardarmi meglio. Una gazawie, senza dubbio. Con tutta la forza di quelle donne straordinarie.

Tre bambine e due madri davanti a me. Donne di Palestina, del futuro e del presente, prese di mira, in modo diverso ma ugualmente infame, dal potere coloniale che ha soggiogato la Palestina e dai suoi apologeti d'Occidente. Questi ultimi sempre più spesso donne: le cosiddette femministe coloniali, il cui interesse è direttamente proporzionale a quanto il femminile si attenga a dei parametri ideologici considerati non negoziabili. Il capo scoperto è uno di questi.

Una donna con il capo coperto non suscita alcun senso di solidarietà, può essere uccisa, stuprata, sequestrata, colonizzata, può partorire a terra, i suoi figli possono esserle strappati impunemente. Può essere oggetto di violenza di genere e molestie. La sua intimità può essere violata ed esibita senza suscitare indignazione.

Essa smette di essere donna. Diviene parte di un magma indistinto, che infastidisce.

Le guardo. Secondo una donna orribile pagata per scrivere cose orribili, meriterebbero di essere uccise tutte. Chi indossi il foulard e chi forse lo indosserà. Le bimbe e le loro madri. Non per nulla, le femministe coloniali, di cui uno dei segmenti più rappresentato è quello rabbioso dell' islamofobia, hanno taciuto sull'assassinio di oltre quindicimila donne e sulla devastazione del femminile operata in Palestina, che è la più simbolica conclamazione di genocidio.

Non so se augurino lo stesso destino alle suore cattoliche. Alle ebree ortodosse. Alle induiste osservanti. Ed infine a tutte le donne che in questo vasto e per ora eterogeneo mondo si distaccano in miriadi di modi diversi dal modello unico occidentale.

Non credo tuttavia. Il loro bias è politicamente motivato e lo vediamo all'opera da decenni.

Guardo le bimbe dinanzi a me. Ciascuna di esse potrà essere ciò che vuole nella vita, senza preclusioni di sorta. Le donne di Palestina hanno già dimostrato il loro valore, indipendentemente dal pezzetto di stoffa che tanti turbamenti suscita in occidente. Deve però essere loro garantito il diritto alla vita, che è propedeutico a tutto il resto.

Queste bimbe sono salve. Una di esse lotta ancora come un piccolo leone per sopravvivere, ma ce la farà, alla faccia delle donnette coloniali di cui sopra.

Provo vergogna e compassione per il buco nero della loro anima.

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