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Il nazifascismo è una macchia
di
Rinaldo Battaglia *
Anno del Signore 2023, prima settimana di settembre, giorno 4 del mese.
Siamo agli US Open a New York, dove il campione tedesco ‘Sascha’ Alexander Zverev si gioca il match più importante contro il nostro Jannik Sinner, quello destinato subito dopo a diventare il ‘numero uno’ al mondo. Il risultato dice: due pari al quarto set.
‘Sascha’ è ‘tetesko di Germania’, nato ad Amburgo, ma da famiglia di tennisti russi (il padre Aleksandr Michajlovič Zverev a suo tempo rappresentò l'URSS in Coppa Davis, la madre Irina Vladimirovna una valida atleta e poi allenatrice). Il match è duro, all’ultimo respiro. Serve la massima attenzione e concentrazione sulla gara.
Ad un certo punto, in quella fase finale e più decisiva, sente sugli spalti, tra i suoi fans, il grido «Deutschland Über Alles»: lo slogan scelto da Hitler come principale inno nazista.
Se ne accorge e decide di non stare zitto. Invece di servire la sua palla si ferma, si avvicina all’arbitro di sedia e con voce forte gli dice in perfetto inglese: “Quell'uomo ha appena urlato la frase di Hitler più famosa al mondo. È incredibile. È inaccettabile”.
L’arbitro non resta fermo e in mondovisione si rivolge verso quella parte di pubblico e chiede chi è stato. La persona viene individuata dagli uomini della security ed invitata immediatamente ad uscire. Espulsa nel momento clou dell’incontro del suo tennista preferito, del suo idolo.
Poi ‘Sascha’ Alexander Zverev riprende e vince la sua partita. Ma forse aveva già vinto un attimo prima. Al termine, all’inevitabile intervista in merito, vuole essere ancora più chiaro affinché nessuno fraintenda il suo comportamento:
“Adoro i tifosi, il chiasso, le emozioni e gli incitamenti, ma da cittadino tedesco e non esattamente orgoglioso di quel periodo storico, ritengo che la sua non sia stata una brillante idea. In più, era seduto in una delle prime file, quindi penso potessero sentirlo in tanti. Se non avessi reagito sarebbe stata una macchia per me".
‘Sarebbe stata una macchia per me!’ per lui ‘tetesko di Germania’, 78 anni dopo la fine di Hitler e del terzo Reich.
I giornali del mondo ne parlano, un po’ meno le tv di casa nostra, anche se il ‘Corriere della Sera’ già il 5 settembre 2023 ne scrive in prima pagina.
Lo stesso giornale, 3 giorni dopo, esce con un altro articolo, più di casa nostra. E ha come protagonista una persona meno nota e meno famosa nel mondo.
Questa volta siamo nel mio Veneto, a Cerea, poco lontano da Verona, scelta di fatto dopo l’8 settembre ’43 a suo tempo da Mussolini ed Hitler quale centro vitale della RSI, il ‘continuum’ fascista del regime che prima, per vent’anni, aveva imprigionato l’Italia e gli italiani.
In un bar del centro città, se bevi un caffè sullo scontrino, prima della ragione sociale e della partita Iva, ti trovi la faccia del Duce. Alla giornalista del Corriere Roberta Merlin, la titolare del bar dice, convinta, che «Lo ammiro per quel che ha fatto di buono». Con altri giornalisti andrà ancora oltre: «Più mi dicono di togliere Mussolini più lo metto. Meloni erede di Benito? Semmai di Almirante».
Il giornale locale, l'Arena, scrive che non è la prima volta: già nove anni fa la notizia della ricevuta del «Bar Armando» con l'effige del Duce si era diffusa a livello nazionale. Ma anche quella volta – prosegue il giornale – “non risulta che sia stato mai preso alcun provvedimento di carattere amministrativo o penale per la vicenda”.
Inizialmente lo scontrino con Mussolini veniva emesso nel mese di ottobre, scrive ancora il Corriere, «in omaggio alla Marcia su Roma del 28 ottobre 1922», ma da qualche tempo viene distribuito tutto l'anno. «So benissimo - ha dichiarato la titolare - che ai comunisti dà fastidio che ci sia Mussolini sugli scontrini, ma più loro si scandalizzano e dicono di toglierlo, più io decido che invece deve rimanere. Io non cambio i miei ideali. Come è avvenuto quasi dieci anni fa, qualcuno sta solo cercando di creare l'ennesimo caso, ma le critiche non ci toccano minimamente».
«Lo ammiro per quel che ha fatto di buono» per lei italiana del Veneto, poco lontana da Verona, 82 anni dopo la nascita della RSI, la Repubblica Sociale di Salò.
Liliana Segre, solo l’anno prima, per la Giornata della Memoria, aveva dichiarato che ‘Io voglio sperare che in Italia ci sia ancora l’antifascismo’.
Io non so se oggi questo esista, ma penso che da noi il fascismo sia ancora troppo, troppo vivo.
E del resto anche Primo Levi ci aveva più volte avvisati col suo:
"Ogni tempo ha il suo fascismo. A questo si arriva in molti modi. Negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola e diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine."
(...)
4 settembre 2025 – 80 anni fa, 80 anni dopo (così mi hanno detto) -
Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Terza Parte” - Amazon – 2025
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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