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Denazificare. Decostruire. Decolonizzare
di Rossella Ahmad
- Ma tu, cosa ne pensi del sostegno globale a Gaza dopo due anni di autentico orrore?
Ho dovuto innanzitutto abituarmi all'idea. Nel senso che è stato qualcosa di inedito, come inedita è l'esperienza di puro dolore che abbiamo vissuto e ancora viviamo.
La storia palestinese è piena di capitoli tragici, di morti e resurrezioni, di conclusioni e di inizi. Da quando in verdissima età sono impattata con la testa e con il cuore in questa straordinaria vicenda umana, ho vissuto la morte in diretta molte, molte volte. E anche le infinite rinascite che sono seguite.
Ma mai - mai - avevo avuto la percezione del grado di amore che questa questione riesce a suscitare, delle emozioni che riesce a muovere. Non parlo di oggi. Parlo di quando a sostenere la Palestina eravamo i soliti quattro gatti, ogni giorno un po' più numerosi, in un mare di disinteresse ed in un mare, un po' più piccolo, di ostilità.
Perché c'è da ribadire, e non lo faremo mai abbastanza, che la Palestina è vittima soprattutto di un immaginario collettivamente imposto da decenni di propaganda e di lavaggio del cervello. Prima che delle armate colonialiste, la Palestina è vittima di una falsa storia, costruita a tavolino e perfidamente venduta alle coscienze occidentali.
Il livello di amore scaturito per questo popolo così malamente frainteso e di puro orrore suscitato dalla mattanza israeliana a Gaza mi stupirono già allora.
E ne percepivo tutta la sincerità e tutta la spontaneità: al tempo, difendere la Palestina e la sua Resistenza equivaleva davvero a gettarsi in un'arena popolata da belve fameliche, soprattutto nel fatidico ottobre di due anni fa.
Ricordo tutto con immenso disagio.
Nel corso di questi lunghi mesi di passione, però , abbiamo fatto l'impossibile affinché l'urlo di dolore di Gaza , che era anche il nostro, varcasse i confini della nostra bolla, la quale, per quanto ineditamente vasta, restava pur sempre un'anomalia in mezzo ad un mondo pieno zeppo di zone di interesse.
Come sempre, tuttavia, il merito di questo amore e di questo orrore è dovuto esclusivamente al sacrificio del popolo palestinese. Noi, lo ripeto, siamo semplici gregari.
E però questo urlo alla fine ha travalicato. È giunto il momento in cui non è stato davvero più possibile fingere di ignorare lo tsunami di sangue palestinese e l'onda anomala di dolore da esso generata.
È tutto sincero questo interesse? Non sono così ingenua da crederlo. Molto è opportunismo, molto è conformismo ma molta è la genuina sorpresa nello scoprire una realtà ignorata per troppo tempo.
E di una cosa sono assolutamente certa: non vi sono interessi occulti nel difendere la Palestina ed il suo sfortunato e valoroso popolo. Semmai è vero il contrario.
Sono dunque costernata di fronte al tentativo davvero subdolo di sporcare una causa che è da decenni stella polare dei popoli in lotta, esempio fulgido per gli oppressi di ogni latitudine, epitome di Resistenza e sacrificio.
In questo mendace tentativo intravedo la mano del sionismo, forse per la prima volta frustrato dall'ingresso nella storia da esso stesso manovrata di un inedito quanto temuto protagonista: l'attivismo dal basso, che non chiede il permesso dei governi per agire, che sfida le punizioni con cui da sempre gli stati hanno contrastato il pensiero originale e la disobbedienza, che tenta una aggregazione globale orizzontale, per quanto raffazzonata ed ancora improvvisata.
Occorre solo un ultimo scatto a mio avviso: trasformare l'attivismo in una intifada globale di libertà.
Perché, se c'è una sola cosa che il sacrificio di Gaza ha reso palese ed evidente, è l'enorme menzogna dei diritti e della democrazia in cui siamo vissuti finora.
Denazificare. Decostruire. Decolonizzare.
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