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01 settembre 2025
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Il blocco di potere di Trump: tre anime, un presidente
di Paolo Mossetti

Dietro la cortina fumogena dei meme e delle dichiarazioni roboanti, si muove un’agenda politica ben più concreta.

Trump ha bombardato l’Iran, riacceso tensioni commerciali con l’Unione Europea, introdotto nuove barriere doganali e avviato un processo di revisione dei trattati multilaterali. Ma soprattutto ha consolidato un blocco di potere che tiene insieme tre anime distinte: la base populista del movimento Maga, i repubblicani “classici” costretti a convivere con il suo ritorno, e i nuovi accelerazionisti della Silicon Valley e dell’industria militare emergente.

Il blocco di potere: tre anime, un presidente.

Come racconta al telefono il politologo e saggista Lorenzo Castellani, docente dell'università Luiss, questa triplice alleanza non è strutturalmente coesa, ma funziona nel sistema americano: “Questi tre segmenti non sono particolarmente legati ma nel sistema Usa questo non è determinante. Le decisioni sono accentrate nella figura del presidente, e le candidature delegate alla dimensione locale. Finché nessuno di questi blocchi viene deluso o trova una nuova alternativa, Trump ha campo libero”.

Eppure, sotto la superficie, le tensioni si accumulano. Yarvin, ideologo della neoreazione, parla apertamente di "controrivoluzione" e auspica una monarchia digitale.

Il patron di Tesla Elon Musk ha accusato Trump di essere incapace di riformare lo Stato e gli ha dato del predatore sessuale. E i “giovani lupi” del trumpismo iniziano a mostrare insofferenza verso il leader che li ha condotti al potere.

Una frattura che però, secondo Castellani, non avrà effetti immediati. Il presidente, secondo Castellani, ha calibrato la sua azione per soddisfare tutti: “Agli accelerazionisti e ai repubblicani classici dà alleggerimenti fiscali e spesa in difesa. Ai Maga propone muri, dazi e crociate anti-woke. Sul piano estero alterna attacchi una tantum, come quello all’Iran, a una ridefinizione degli equilibri Nato in chiave più conveniente per Washington”.

E soprattutto, aggiunge Castellani, “si tratta di figure influenti, ma prive della capacità di generare una crisi politica. L’elettorato repubblicano ha una forte vena anti-intellettuale”.

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