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31 agosto 2025
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Il cavallo di Caligola
di Rinaldo Battaglia *

Devo ammetterlo: studiare il libro della Storia è una soddisfazione impagabile. Anche se, spesso e soprattutto negli ultimi anni, ti crea bruciore allo stomaco peggio di un’ulcera, come ad esempio nel vedere che criminali del passato sono ora esaltati o premiati con mausolei e vie a loro nome intitolate. Speriamo che – parafrasando Bertolt Brecht – sia solo ‘ignoranza’ e non ‘delinquenza’.

Ma, in altre occasioni, ti genera momenti di ilarità come nei film di Totò o, forse dati i tempi, di Cetto La Qualunque. Del resto, il grande Edmund Burke, già quasi tre secoli fa, scriveva che “L’umanità è una mandria di esseri che devono essere governati con la frode, l’inganno, e con lo spettacolo”.

Oggi è il 31 agosto e il 31 agosto dell’anno 12 alla periferia di Roma nasceva Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico. Meglio conosciuto come ‘Caligola’, (da "piccola caliga", la calzatura dei legionari romani), soprannome datogli sin da bambino dai soldati del padre adottivo, l’imperatore Tiberio, quasi per prenderlo per il sedere. In gergo: ‘conti quanto una scarpa, ora’. E non a caso, anni dopo, quando sarà lui seduto sul trono di Augusto – nell’anno 37 - farà in modo che la caliga non si usasse più. In altre parole: ‘ora comando io e non sono quello di prima. Quindi …dormite preoccupati’.

Caligola durerà poco: solo 4 anni perché già a 29 anni una congiura tra pretoriani, tribuni, consoli e senatori lo uccisero. Durerà poco e passerà alla Storia essenzialmente come un tiranno stravagante e depravato. Ma anche in grado, in così pochi anni, di dilapidare l’ingentissimo patrimonio accumulato dai suoi due predecessori, Augusto e Tiberio per l’appunto. Di ben altra caratura e portata storica.

In poco, pochissimo tempo dopo aver ‘regalato’ giochi e denaro ai suoi amici, divenne il nemico ‘numero uno’ di tutti ma la cosa non lo preoccupava. Famose le sue parole agli uomini di corte: «Che mi odino, purché mi temano» («Oderint dum metuant»). Per molti è passato alla Storia, più che per gli omicidi sugli oppositori e la violenza usata nella sua politica interna ed esterna, per la vicenda del suo amato cavallo, Incitatus. E forse fu questa la sua definitiva condanna a morte, dopo che era sempre riuscito a farla franca e, all’ultimo secondo, sempre salvarsi dalle innumerevoli congiure contro la sua figura.

Secondo storici del momento, quali soprattutto Svetonio e Cassio Dione, Caligola aveva deciso di nominare console - e da qui, poi, sacerdote e senatore - il suo cavallo. Non vi riuscì perché il 24 gennaio del 41 venne ucciso. Forse la promessa nomina di ‘Incitatus’ era riuscita a coalizzare tutti gli oppositori – cosa mai avvenuta prima, perché sempre tutti divisi tra loro – contro l’Imperatore.

Ma perché Caligola scelse proprio il suo cavallo?

Probabilmente non era pazzia, ma un chiaro messaggio lanciato alla politica del momento. Perché, da che mondo è mondo, in politica i ‘messaggi veri’ non usano il suono delle parole del ‘dire’ ma la particolarità dei dettagli nel ‘fare’. Era così anche a Roma due mila anni fa, è così duemila anni dopo.

Caligola scelse il cavallo per chiaro spregio agli altri consoli e senatori: voleva umiliarli, offenderli, parificandoli ad un animale. Ma raggiungendo anche un altro obiettivo e lanciando in aria un chiaro segnale: se vi comportate come Incitatus e mi servirete fedelmente non solo avrete biada a volontà, ma anche premi e promozioni. E l’assoluta mia protezione. Pochi sanno infatti che quel cavallo era un grande vincitore nelle sue gare e che, prima di ogni gara la notte, Caligola decretasse il ‘silenzio generale’ in modo tale che il cavallo potesse riposare bene e non sentire la rumorosità della Roma Imperiale.

Talvolta, si dice che l’imperatore perfino dormisse tutta la notte al fianco del suo amato cavallo. E, quella volta che Incitatus perse la sua unica gara, ad esser messo a morte non fu il cavallo ma bensì, per ordine di Caligola, l’auriga, quello che conduceva il carro. Ucciso peraltro nella ‘maniera più lenta possibile in modo da prolungarne la sofferenza’, scrivono gli storici. Strano a dirsi, ma da quella gara e da quella morte, Incitatus non ne perse più una. Le vinse tutte, tra gli applausi generali. Messaggio recepito, in altre parole. E forse il ‘silenzio generale’ non era più necessario obbligarlo per decreto, in quelle notti Roma restava senza rumore ugualmente.

Non solo: Caligola con l’investitura del cavallo indicava che non si fidava di nessuno dei suoi accoliti, dei suoi senatori e fans. Per quanto questi facessero, gli rendessero grazie leccandogli anche le parti basse, si inchinassero al suo passaggio fino a baciare il pavimento, il suo cavallo era per lui più ‘fidato’ ed ’affidabile’. Il numero uno, dopo, solo dopo, tutti gli altri. Una sonora bocciatura di tutta la politica, dei politici e politicanti di allora.

La scelta del cavallo, del suo cavallo della sua scuderia personale, indicava che il terreno fertile era lì, strettamente vicino a casa sua, alla sua famiglia. Nessuno altro poteva raggiungere quel livello: era escluso, non degno, non all’altezza, già a priori. E i suoi familiari, uomini, donne e cavalli, lo avrebbero seguito perché, se Caligola moriva gli altri sarebbero morti assieme. Come nei fatti avvenne.

A succedergli, post congiura, verrà scelto un lontano parente – i membri della famiglia imperiale rimasti vivi dopo la morte di Caligola erano pochissimi – il vecchio (per quel tempo) Claudio, perché prima escluso dalla politica e privo di esperienza. L’opposto degli altri: vicini, parenti, cognati, fratelli, sorelle che fossero. E Claudio sarà uno dei pochi imperatori di Roma a morire di morte naturale (nel 54, dopo 13 anni di potere).

Ma la scelta di Caligola con Incitatus nascondeva un grande suo handicap, probabilmente il più rilevante: la sua incapacità di comando, di governare i suoi uomini con l’abilità, la grandezza di vedute (la ‘ vision’ diremmo oggi) che deve avere un ‘numero uno’. Non avendo la struttura, l’acume, l’attitudine per competere coi senatori e consoli, non essendo in grado di usare e vincere il confronto politico, ripiegò vigliaccamente sulla violenza e sullo scontro ’fisico’.

Incitatus era la sua risposta a tutto. Ma era l’inizio della fine. O la fine di quell’inizio. Studiare la Storia è una soddisfazione impagabile e chi ha il piacere di realizzarlo allarga il suo orizzonte. Per questo – credetemi – a scuola di fatto non si insegna Storia e nelle tv si punta più a Masterchef o Grande Fratello per inaridire gli italiani di oggi e, peggio, di domani.

Se il grande Edmund Burke ritornasse qui sono convinto che con amara soddisfazione verificherebbe la validità ancora della sua teoria: “L’umanità è una mandria di esseri che devono essere governati con la frode, l’inganno, e con lo spettacolo”. Come a Roma duemila anni fa ai tempi del cavallo di Caligola, come oggi duemila anni dopo. Spesso usando parenti, sorelle, cognati, coinquilini a vario titolo, non essendo 'il capo' in grado di gestire, con efficienza ed efficacia, meglio altre professionalità e altre competenze.

31 agosto 2025 – 2013 anni dopo dopo - Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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