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30 agosto 2025
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La strada del Flamingo
di Francesco Dall'Aglio

Che le cose col "Flamingo" non stessero esattamente come i primi report entusiasti (tipo quello di Di Feo) avevano lasciato intendere, era abbastanza ovvio.

Il "Flamingo" è un nuovo modello di missile cruise ucraino dalla gittata dichiarata di 3000 km del quale si è molto parlato nei giorni scorsi, dopo che era stato presentato, il giorno del mio compleanno tra l'altro, in una fabbrica chiaramente finta che aveva fatto divertire per una giornata i geolocalizzatori (ma appunto non era la fabbrica dove vengono assemblati, che sarebbe stata una negligenza criminale).

Il progetto è ucraino, nel senso che la società che lo produce, la Fire Point, è stata fondata da ucraini ma ha attirato capitali inglesi ed emiratini, e dovrebbe essere un'alternativa a basso costo dei missili tipo Storm Shadow, che non solo costerebbero di meno (circa un milione di euro al pezzo) ma, essendo prodotti in Ucraina, non sarebbero soggetti a restrizioni sui bersagli da colpire.

È un progetto interessante, che fa un ottimo uso del vecchio ma solidissimo turbogetto AI-25TL sovietico prodotto in Ucraina dalla "Ivčenko-Prohres", che veniva montato sugli aerei da addestramento cecoslovacchi Aero L-39 Albatros e di cui pare che nei magazzini ucraini vi sia grande abbondanza.

Come per tante cose sovietiche può essere utilizzato per scopi diversi da quelli per i quali era stato progettato ma comunque deleteri: se poi consideriamo che la carica esplosiva è composta da due FAB-500 in tandem (o forse una 1500, non è chiaro), la sensazione di deja-vu è fortissima - tra l'altro somiglia moltissimo al Tupolev Tu-143 o, se più vi piace, alla V-1. Le cifre di produzione fornite, però, sembravano un po' eccessive, specie in proiezione ("circa" un Flamingo al giorno, con la speranza di portarli a 7-8 per ottobre), così come la gittata e le prestazioni, senza considerare che avrebbe un segnale infrarosso bello grosso, sufficiente a farlo individuare dal modulo 10ES1 del sistema antiaereo Pantsir a 17-20 km (lo Storm Shadow, per dire, viene rilevato a 10).

Anche il sistema di navigazione non pare eccellente: non ha TERCOM (non può seguire il contorno del terreno, per dirla in breve, quindi è più visibile) e si affida esclusivamente alla navigazione satellitare, con tutti i rischi di jamming del caso, e per finire ha un tempo di preparazione al lancio tra i 20 e i 40 minuti, non ottimale. Ad ogni modo, rispetto a niente è un'ottima cosa, quindi non ci si può lamentare.

Fino a ieri, almeno. Perché ieri il Kyiv Independent ha pubblicato un articolo nel quale sostiene che la dirigenza della Fire Point è indagata per corruzione, non per i "Flamingo" ma per i suoi droni a medio raggio, gli FP-1, il cui prezzo sarebbe stato gonfiato e che sarebbero stati consegnati in numero minore di quanto pattuito. Le cifre non sono piccole: nel 2024 la Fire Point ha incassato, in commesse governative, 100 milioni di dollari, cifra che dovrebbe aumentare a un miliardo nel 2025 (includendo anche i Flamingo e gli altri modelli di droni), e ha ricevuto anche una parte (non è specificato quanto grande) di un finanziamento di 5 miliardi di euro pagato dal governo tedesco.

Ciliegina sulla torta: la proprietà della Fire Point sarebbe riconducibile a un uomo d'affari ucraino, Timur Mindich, noto ai più perché è uno dei proprietari di Kvartal 95, lo studio di produzione fondato da Zelensky, e legato a Ihor Kolomoiskyi.

Su di lui il NABU (l'agenzia anticorruzione ucraina) indaga da tempo, e non è escluso che questo sia stato uno dei motivi che hanno portato, il 22 luglio, alla proposta di legge che privava l'agenzia della sua autonomia e la metteva sotto controllo presidenziale, attraverso la procura generale.


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