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Renato, vittima di fascisti ma non riconosciuto come tale
di Santina Sconza
Noi non dimentichiamo Renato Biagetti ucciso il 27 agosto 2006 da fascisti.
Non è vero che i fascisti hanno ucciso solo negli settanta-ottanta perché era una diatriba tra compagni e fascisti, uccidono sempre perché è il loro credo, il loro ideale e gli oppositori politici comunisti sono i loro nemici da eliminare fisicamente.
Renato Biagetti era un ragazzo di ventisei anni, laureato in ingegneria, amava fare il tecnico del suono, frequentava i centri sociali e quel maledetto sabato aveva partecipato a una festa reggae sulla spiaggia, nella dance hall dello stabilimento Buena Onda, dai fascisti considerato un ritrovo di «zecche comuniste».
È con Laura la sua ragazza e con l'amico di sempre Paolo, restano in spiaggia fin alle 5 di mattina, poi Laura va a prendere l'auto e i due amici sono seduti su un muretto, una macchina si accosta e le due persone a bordo gridano e scendono, coltelli alla mano, e si avventano sui compagni.
Renato ha ricevuto otto pugnalate, ma cerca di difendere Laura, presa a pugni, mentre Paolo è colpito alla schiena.
I due assassini fuggono. Portato all’ospedale Grassi di Ostia, Renato riesce a fornire a un carabiniere la ricostruzione dei fatti, che però non viene verbalizzata.
Sono le sue ultime parole.
Gli assassini sono fuggiti ma dei testimoni sono riusciti a scrivere il numero di targa dell’auto.
L'auto è di proprietà di un carabiniere, padre di uno degli assassini, che risultano irreperibili per tre giorni, durante i quali tentano di espatriare.
Si sa che i giornali ubbidiscono al potere, quando i fascisti vengono arrestati parlano di una rissa fra “balordi”.
Ma tutti sanno che non è così la dinamica dei fatti e l’identità degli assassini mostrano chiaramente che si è trattato di un agguato fascista.
Vittorio Emiliani di Focene, diciannove anni, figlio del carabiniere viene condannato a 15 anni di reclusione per omicidio volontario, con le attenuanti per aver fatto ritrovare una delle due armi del delitto.
Gioacchino Amoroso, all’epoca minorenne, è condannato in via definitiva per omicidio volontario in concorso a sei anni e dieci mesi.
Come accade spesso, nelle sentenze viene negata la matrice politica dell'agguato, è un modo per sottrarre alla vittima la propria identità e dignità politica.
Il tribunale di Civitavecchia nell'ultima udienza rifiutò la richiesta dell'Anpi, così come quello del Comune di Roma di costituirsi parte civile poiché «non sussistono i presupposti della richiesta».
Un rifiuto che nega il connotato politico dell'omicidio, anche se uno dei due imputati ha addirittura una celtica tatuata sul braccio.
Quello che è più grave è considerare gli assassini dei balordi, simili a piccoli delinquenti, e non come militanti fascisti che credono fermamente nelle loro idee nazifasciste, e come gli scagnozzi di Mussolini che uccisero Giacomo Matteotti, questi neofascisti continuano quella scia di sangue mai interrotta.
È comodo far credere che le bande armate neofasciste non esistono più, è comodo non chiudere i loro covi perché l'estrema destra oggi è al potere.
A Roma è stato creato il Comitato Madri per Roma città aperta, guidato da Stefania Zuccari, mamma di Renato, che porta avanti la memoria e gli ideali dei compagni uccisi dai fascisti o dalle forze di polizia.
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