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Esercito Israele verso il punto di rottura
di Leandro Leggeri
ISRAELE VERSO IL PUNTO DI ROTTURA: 900 CADUTI E OLTRE 15.000 SOLDATI TRA FERITI E TRAUMATIZZATI METTONO L’IDF SOTTO PRESSIONE
Per Israele, come per ogni esercito impegnato in una guerra prolungata, non esiste una soglia prestabilita di perdite oltre la quale si verifica automaticamente il collasso. Tuttavia, diversi analisti concordano: un conflitto che superi i 1.000 caduti e coinvolga decine di migliaia di feriti fisici e psicologici rischia di diventare insostenibile, non solo sul piano militare ma soprattutto su quello politico e sociale.
Secondo le fonti israeliane, i militari uccisi dall’inizio della guerra hanno ormai raggiunto quota circa 900, mentre i feriti ufficialmente registrati superano i 5.500, con oltre 800 in gravi condizioni. Ma è lo stesso Capo di Stato Maggiore Eyal Zamir ad aver ammesso che le cifre ufficiali non raccontano tutta la verità: più di 15.000 soldati sono oggi inseriti nei programmi di riabilitazione per ferite fisiche e disturbi da stress post-traumatico.
Le fonti indipendenti, come l’OCHA delle Nazioni Unite, confermano dati analoghi: circa 450 morti e quasi 3.000 feriti solo nella fase terrestre, un sottoinsieme che dimostra la coerenza delle stime complessive. Reuters e altri media internazionali sottolineano come la società israeliana stia mostrando segni di stanchezza e disillusione, con riservisti riluttanti a prolungare un conflitto percepito come infinito.
Israele, dunque, non è soltanto in difficoltà sul campo di battaglia di Gaza o nel contenimento della resistenza palestinese: lo è anche al suo interno. La pressione politica, l’usura dei riservisti e il costo sociale crescente delle perdite rendono sempre più evidente che questa guerra rischia di consumare l’IDF dall’interno. A ciò si sommano la disillusione crescente dell’opinione pubblica, le fratture politiche interne e il peso economico di una mobilitazione senza fine.
In questo quadro, il conflitto appare sempre meno sostenibile non solo per l’esercito, ma per l’intera società israeliana.
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