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24 agosto 2025
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Il colore degli occhi di Ruža
di Rinaldo Battaglia *

C’era ai tempi della nostra guerra di Jugoslavia, una giovane donna che di nome faceva Ruža Petrović.

Era nata (come Roža Hrelja) in un povero villaggio dell'Istria, dalle parti di Žminj, (poi battezzato da Mussolini in Gemino, una decina di chilometri da Pisino), negli ultimi anni del Regno di Francesco Giuseppe (ottobre 1911). Famiglia contadina con 8 figli da sfamare e Ruža ne era la piů grande.

Vent’anni dopo si sposň con Josip Hrelja ed ebbe due figlie, ma una morě pochi mesi dopo la nascita. Poco dopo morě anche il marito e rimase sola. Anni dopo, poco prima della guerra si risposň con un contadino di Sanvincenti (Svetvinčenat), altro piccolo villaggio poco lontano, Vazmoslav Paškvalin Petrović da sempre poco estimatore dei ‘padroni’ italiani e dei sui soci nazisti.

Il 22 luglio 1944 almeno 25 fascisti italiani, ora uomini di Salň, in nome di Mussolini e per conto dei tedeschi, rastrellarono la zona di Sanvincenti ed arrivarono anche alla casa di Ruža e Vazmoslav Petrović. Avendo trovato lě molti vestiti e buone scorte di cibo, ipotizzando che servissero di aiuto ai partigiani – come probabilmente era – e non essendo presente quel giorno il marito, Ruža venne arrestata, costretta a trasportare tutti i prodotti che aveva conservato in casa fino al comando fascista di Sanvincenti e alla fine violentemente torturata, per ottenere notizie ed informazioni sui partigiani della zona.

Tipico del momento, tipico della strategia fascista e nazista del posto. Non c’erano piů Roatta e Testa ma i seguaci avevano bene imparate le lezioni.

Ma nonostante le sevizie subite, Ruza non disse assolutamente nulla. Nulla. Venne cosě inizialmente rilasciata, ma il giorno seguente, mentre stava - mezza morta – a passo lento ritornando a casa, venne nuovamente fermata da un gruppo di camicie nere, che nuovamente si sfogarono sul suo corpo. Venne piů volte colpita in fronte con calci di fucile, venne piů volte picchiata e poi legata ad un albero. E' facile essere eroi contro una debole donna. E poi era una slava, una ‘razza inferiore’ per la scuola del Duce.

Con un pugnale le cavarono entrambi gli occhi, perché continuava a fissare i suoi carnefici, che poi soddisfatti di quanto fatto la lasciarono in agonia, sempre legata all’albero. Alcuni contadini di Režanci dopo se ne accorsero e cercarono di salvarla. La portarono a Skitača, dove dei partigiani la riconobbero e la trasferirono subito al Policlinico di Pola. Venne operata e servirono oltre 70 giorni per riabilitarla.

Recuperate le forze, Ruža volle ufficialmente unirsi ai partigiani, e, anche se cieca, li aiutň cucendo camicie e calze a maglia e dando loro forte sostegno morale. Venne da tutti gli uomini di Tito considerata un esempio, simbolo vivente di chi non vuol cedere al nemico e lotta per la sua terra dall’oppressore straniero.

Dopo la seconda guerra mondiale, Ruža Petrović fondň l'Associazione dei Ciechi di Pola (ora Pula) e ne fu uno dei leader per molti anni, fino al 23 agosto 1958 - 67 anni fa - quando a soli 47 anni, causa le sofferenze patite in guerra, morě.

E’ tuttora sepolta nel cimitero di Pola e considerata un eroe nazionale della Croazia. Molte strade, piazze e parchi in Istria portano il nome di Ruža Petrović, cosě come la "Casa dei bambini di Pola" da lei fondata nel 1945.

Il prossimo 10 febbraio ci ricorderemo anche di Ruža nella giornata del crimine slavo delle foibe? Oppure no?

Domanda aperta per menti non chiuse. Astenersi perditempo. Tanto so giŕ le risposte...

"Italiani brava gente" vero? 23 agosto 2025 - 67 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘Il dolore degli altri’- ed. AliRibelli/Ventus - 2022

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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