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Rabbino Shmuel Eliyahu paragona i palestinesi a un tumore da estirpare
di Leandro Leggeri
Nelle ultime ore stanno facendo discutere in Israele e all’estero le dichiarazioni del rabbino Shmuel Eliyahu, esponente di spicco del sionismo religioso e figura già nota per posizioni estremiste.
Intervenuto su Channel 14, Eliyahu ha espresso pieno sostegno al ministro della Difesa Israel Katz, affermando di averlo “rafforzato nella decisione di stare con il governo di Israele, conquistare Gaza e finire questo tumore canceroso”. Ha poi aggiunto: “Non si lasciano metastasi quando c’è un tumore maligno”, una metafora che assimila Gaza a un corpo malato da estirpare.
Durante l’intervista, il rabbino ha riportato anche una dichiarazione attribuita allo stesso Katz: “Il destino di Gaza è come quello di Khan Yunis. Non c’è differenza tra questi arabi e quegli arabi, tra il desiderio di quelli di distruggerci e il desiderio di quegli altri”.
Le parole di Eliyahu hanno sollevato forte preoccupazione, perché rientrano in una retorica disumanizzante che tende a cancellare ogni distinzione tra combattenti e popolazione civile palestinese. Un linguaggio che, nel contesto dell’offensiva militare in corso, rischia di legittimare azioni collettive contro intere comunità e di alimentare ulteriormente il ciclo di violenza.
Organizzazioni per i diritti umani hanno più volte denunciato l’uso sistematico di queste metafore da parte di figure religiose e politiche israeliane, considerandole un pericoloso passo verso la giustificazione di crimini di guerra.
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