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Leggere il mondo in modo diverso
di Gabriele Germani
Uno degli elementi più interessanti della teoria del sistema-mondo è di poter leggere i rapporti tra Nord e Sud globale da angolature diverse dalla visione comune in Occidente.
Interpretare i rapporti tra Stati come centro-periferia, permette di capire come il mondo europeo abbia cercato di trasformare i propri valori (storicamente dati) nella visione universale delle cose.
Non molte altre civiltà hanno postulato dei "diritti universali degli uomini". Noi lo abbiamo potuto fare perché il nostro processo storico di emancipazione era imposto tramite colonizzazione al resto del mondo.
Tutti dovevano esser e pensarsi liberi come lo eravamo noi.
L'uomo occidentale (anglosassone) è diventato il prototipo del sano: dal numero di figli, al lavoro, dai desideri individuali alla moralità politica.
Questo passaggio -che ha significato per milioni di individui nel mondo un processo di emancipazione da modelli arcaici- ha un lato oscuro: alienazione, solitudine, perdita di senso.
Sintomi che persino nell'Europa mediterranea cattolica soffriamo dopo questa mutazione antropologica imposta (e non a caso i cattolici irlandesi cercarono di resistere in altra epoca e in altri modi).
Per il Sud globale la questione è molto più complessa e marcata.
Questi popoli hanno avuto accesso ad una sola modernità: quella occidentale.
Durante la Guerra Fredda (come notava Pasolini) per i paesi arrivati all'indipendenza esistevano l'alternativa statunitense e quella sovietica, due filiazioni della cultura europea.
Col fallimento dei socialismi arabi e il tracollo dell'URSS abbiamo visto risorgere dei movimenti locali o religiosi in contrapposizione alla globalizzazione occidentale.
Gli anni Novanta sono stati gli anni dell'Islam radicale in Algeria, in Bosnia, degli attentati alle ambasciate USA in Tanzania e Kenya.
Proprio mentre l'Occidente vinceva e teorizzava la fine della storia, cresceva una radicalità non razionale, ma altrettanto forte.
Abbiamo continuato ad immaginare gli integralisti islamici come dei pastori violenti sparsi in qualche deserto, finché non abbiamo scoperto che l'odio covava nelle periferie di Bruxelles e Parigi.
Veniva portato avanti da persone cresciute qui, che mangiavano pizza e andavano a ballare in discoteca, saltuariamente facevano uso di droghe, poi boom, un qualche episodio drammatico portava queste persone in carcere o a una crisi interiore e avveniva l'incontro con i valori tradizionali, con il totalmente altro dall'Occidente.
I dannati della terra trovavano un nuovo strumento di lotta.
Quando parliamo dei BRICS, sento spesso dire che sono un blocco disomogeneo, questo è senza dubbio vero, ma non ne sminuisce in nessun modo l'impatto distruttivo per la civiltà occidentale.
Torno a ripetere che la fase che stiamo vivendo è un Tardo Antico, Trump è un Diocleziano; Roma è riuscita in quella fase a rallentare la crisi, ma non ad interromperla… Poco più di un secolo e mezzo dopo l'Impero d'Occidente finiva e in molte province era già finito.
Se la nostra idea è che tutto debba crollare oggi, subito: questo non sarà, è infantile pensarlo.
Abbiamo a che fare con il più grande dispositivo di potere della storia dell'umanità, non salterà dall'oggi al domani (per fortuna?).
Nulla toglie che cadrà, non è questione di ottimismo o pessimismo: nulla è eterno, neanche la civiltà occidentale (come la intendiamo oggi) e il suo dominio sul mondo.
Sta a noi pilotare, litigare, appassionarci su come gestire questa crisi-transizione e proporre qualcosa di migliore, senza frignare perché l'utopia del cuore non è di strada.
 
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