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Caro (per quanto ci costi) Draghi, ti scrivo
di Elisa Fontana
Gentile presidente Draghi,
ho ascoltato con molto interesse il suo intervento al meeting di Comunione e Fatturazione e, per averne più contezza, l’ho anche letto integralmente.
Certo, come non essere d’accordo con lei quando lamenta lo scarsissimo peso geopolitico dell’Europa nelle vicende del mondo, il ruolo di spettatrice passiva mentre l’Iran veniva bombardata e il massacro di Gaza si intensificava.
Ora, a parte chiedermi rozzamente dove fosse lei mentre tutto ciò accadeva e scuoteva le coscienze di molti, perché è vero che lei fondamentalmente è un banchiere, ma non ha di certo disdegnato un ruolo politico ed è voce sicuramente non marginale a Bruxelles. E però ha aspettato a far sentire la sua voce che ci fosse il Meeting di CF, cosa che mi autorizza a pensare che senza questa occasione il suo silenzio si sarebbe prolungato. Ma ho premesso la rozzezza delle mie analisi.
Andando nello specifico, certo il suo discorso è impeccabile, chi potrebbe mettere in dubbio le sue analisi, i suoi studi, i suoi dati? E, soprattutto, chi potrebbe contestare le ricette che propone, frutto di studio, grandissima esperienza e conoscenza della materia?
Nessuno e, infatti, la UE si rivolge a lei quando c’è da cavare qualche castagna dal fuoco, come il suo rapporto sulla competitività, anche se poi, politicamente i coraggiosissimi di Bruxelles hanno fatto finta di nulla e il suo rapporto giace impolverato in qualche cassetto. Ma questo nulla toglie alla sua autorevolezza.
E però c’è una cosa che mi disturba in tutta la perfezione del suo discorso a Rimini ed è proprio l’incipit: “Per anni l'Unione Europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest'anno sarà ricordato come l'anno, in cui questa illusione è evaporata.”
Ecco, per anni, per decenni, non avete fatto altro che considerare gli europei solo ed esclusivamente consumatori, mai cittadini. Vi è bastato aprire un mercato enorme in cui catapultarci, vi è bastato farci vedere gli sbrilluccichii del consumismo, come i selvaggi guardavano rapiti le pietruzze colorate, vi è bastato costruire sopra questo assunto montagne di profitti e a voi per primi non interessava un bel nulla del potere geopolitico se avevate quello economico.
Avete trattato i cittadini europei secondo la massima aurea del liberismo sfrenato “produci, consuma, crepa” e avanti un altro. E adesso venite a dirci, viene a dirci anche lei gentile presidente, che l’Europa si è illusa.
No, non è stata l’Europa, siete stati voi i cantori del libero mercato, i demolitori della funzione degli Stati, gli accumulatori senza freni di ricchezze smodate in mano di pochi, mentre la massa si impoveriva pian piano ma ineluttabilmente. E adesso che il 99% delle ricchezze mondiali è in mano all’1% delle persone ci venite a raccontare che deve mutare la sua organizzazione politica e che “le riforme in campo economico restano condizione necessaria in questo percorso di consapevolezza”.
Insomma, torniamo punto e a capo, magari con una spruzzatina di Stato in più, che quando serve non emana più nessun cattivo odore, e qualche splendida riforma di quelle che abbiamo imparato a conoscere in Grecia, ad esempio.
I cittadini, la crescita enorme delle diseguaglianze, la povertà, i diritti sempre più ristretti? Non pervenuti, non accennati, non comparsi all’orizzonte, come se anche tutte queste facce della realtà non avessero anche un peso e un costo economico, come i dazi interni o l’insufficiente dimensione tecnologica.
Certo che ce l’hanno, ma la visione ideologica incarnata da questo establishment non ne prevede nessuna visibilità, per cui tutti questi bei discorsi servono solo a fare una finta critica, apprestarsi a ricominciare da dove si è interrotto e raccogliere l’applauso entusiasta di CF che esattamente questo voleva sentirsi dire.
 
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