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21 agosto 2025
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Pacifismo impossibile
di Rossella Ahmad

Non me ne vogliano i pacifisti se parlo ancora di un pacifismo impossibile. Di alcuni tra loro riconosco la buona fede ed è ad essi che mi rivolgo. Comincerò parlando di Arna Mer, una ebrea lituana nata nella Palestina mandataria nel 1929., e di suo figlio Juliano, nato dall'unione con il palestinese Saliba Khamis, militante del partito Maki.

Parlerò poi del loro progetto più importante, quello che valse ad Arma il Nobel alternativo per pace, nel 1994: la creazione di un centro educativo alternativo nel campo profughi di Jenin, con un teatro in cui i bambini palestinesi potessero esprimere, attraverso la recitazione, le loro frustrazioni e le paure quotidiane. Suo figlio Juliano, attore, regista ed attivista, vi insegnò la "drama therapy", e filmò, nel corso di alcuni anni, la vita, i pensieri e le sofferenze di un gruppo di ragazzini, una volta conclusasi la parentesi teatrale. Da questa esperienza nacque un film, che è ancora reperibile sul web, "I bambini di Arna".

E parlerò infine di uno di quei bambini, Zakaria Zubeidi, e di sua madre Samira.

La famiglia Zubeidi era originaria di un villaggio nei pressi di Cesarea, prima di essere deportata nel campo profughi di Jenin.

La storia di Zakaria, che è la storia di un milione di vite in una, è il paradigma dell'essere palestinesi. Un papà, insegnante d'inglese, ripetutamente arrestato, impedito dallo svolgere il suo lavoro ed infine operaio sottopagato in una fonderia israeliana, ed una madre che credeva fortemente che la pace fosse possibile, e che, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, durante la Prima Intifada, offrì l'ultimo piano della casa di famiglia per le prove del progetto di recitazione di Arma Mer, con la partecipazione di dozzine di attivisti israeliani.

Parlerò adesso dell'epilogo della storia. Un epilogo palestinese, fatto di morte e distruzione.

Di Zakaria, innanzitutto. Arrestato a 14 anni per aver lanciato pietre contro i militari di occupazione, divenne in seguito politicamente attivo come membro di al-Fatah. E come tale prese parte all'epica battaglia di Jenin, in cui un pugno di resistenti combatté fino all'estremo sacrificio per impedire l'ingresso dei carri armati nel campo assediato.

Un mese prima, sua madre Samira era stata colpita da un proiettile in pieno petto da un cecchino israeliano, e lasciata sanguinare a morte. La stessa sorte toccò al fratello minore, Taha.

In un'intervista del 2006, Zakaria dichiarò con amarezza: "Abbiamo tentato la resistenza culturale. Vi abbiamo dato tutto e cosa abbiamo ricevuto in cambio? Una pallottola nel petto di mia madre. Abbiamo aperto la nostra casa e voi l'avete demolita. Ogni settimana, 20-30 israeliani venivano lì per fare teatro. Li abbiamo nutriti. E nessuno di essi ha sentito il bisogno di fare una telefonata. È stato allora che abbiamo visto il vero volto della sinistra in Israele".

Sopravvissuto alla battaglia di Jenin, arrestato ancora e protagonista di una spettacolare evasione dal carcere di massima sicurezza di Gilboa - sei prigionieri, con un cucchiaio, scavarono un tunnel che partiva dal bagno della cella e finiva all'esterno del penitenziario - sopravvissuto persino a numerosi tentativi di assassinio, nuovamente arrestato e poi rilasciato in seguito allo scambio di prigionieri nel gennaio di quest'anno, giusto in tempo per piangere la morte di suo figlio ventenne, membro della resistenza.

Il resto dei Bambini di Arna morirono tutti, chi per mano dell'occupazione, chi nella lotta contro di essa.

Arna morì di malattia, nel 1994. Juliano le sopravvisse di pochi anni. Fu infatti ucciso in una false flag operation all'esterno del teatro dei bambini di Jenin.

Il teatro fu a sua volta distrutto, assieme a parte della città e dei suoi abitanti, qualche anno dopo, durante il sanguinoso assedio israeliano.

La sinistra. Il pacifismo un tanto all'etto. La resistenza culturale e quella passiva. Chiacchiere al vento.

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