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Meloni senza filtro: non sopporto la stampa
di Raffaele Florio
Fuori onda? Ma quale fuori onda. Ormai l’unica cosa fuori è la democrazia. Perché in quell’ammiccamento catturato dalle telecamere – Meloni che sussurra a Trump “io con la stampa italiana non voglio parlare mai” – non c’è un lapsus, non c’è una battuta, non c’è un segreto rubato. C’è semplicemente la verità.
Il problema è che, detta a bassa voce, la verità fa più rumore di mille conferenze stampa. Perché ci conferma ciò che tutti avevamo già capito: la premier ama la propaganda, odia le domande. Ama i monologhi su Instagram, odia i giornalisti. Ama i salotti con applausi registrati, odia il confronto con chi potrebbe chiederle conto dei suoi fallimenti.
E infatti, quando deve affrontare il popolo, si barrica dietro un reel patriottico con musiche epiche di sottofondo. Quando deve affrontare la stampa, preferisce che a reggerle il microfono sia Vespa, Porro o Del Debbio, ossia la sacra trimurti della carezza televisiva.
Perché rischiare una domanda vera, quando puoi avere un’intervista in cui la questione più scomoda è se preferisci la carbonara o l’amatriciana? Meglio il filtro Instagram che la domanda senza filtro.
E il bello è che Meloni nemmeno se ne accorge: convinta di non essere ripresa, rivela candidamente di non voler mai parlare con i giornalisti italiani. Come dire: “lo so che dovrei fingere un po’ di rispetto per la stampa, ma ragazzi, a me proprio non va”.
Il fuori onda non è quindi una gaffe. È un manifesto politico. Altro che “discorso della Nazione”: basta una frase rubata per capire tutto. Altro che “piano Mattei”: il vero piano è silenziare la stampa, trasformarla in un’appendice della comunicazione di Palazzo Chigi.
Provateci voi, a difendere ogni giorno l’indifendibile. A raccontare che tutto va bene, che l’Italia è forte e sovrana, che i prezzi calano e l’Europa ci teme. Dopo un po’ perfino la faccia si stanca, e si tradisce con un sorriso complice.
Meloni non vuole domande. Ma la democrazia, purtroppo per lei, è fatta di domande. E prima o poi le risposte dovrà darle. Magari non ai Porro di turno, ma a chi, un giorno, non si accontenterà di un reel da 30 secondi.
 
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