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19 agosto 2025
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Washington: senza dichiarazione ufficiale ognuno può rilasciare la sua
di Francesco Dall'Aglio

Tentare un’analisi della riunione di ieri tra Trump, Zelensky e i volenterosi è molto complicato, perché non è stata seguita né da una conferenza stampa né da dichiarazioni ufficiali e ognuno dei presenti, in ordine sparso, sta dicendo più o meno quello che gli pare. E quindi capire davvero quale sia la base di partenza dei prossimi negoziati è, appunto, complicato.

Per fortuna, direi, perché se ci basassimo sulle dichiarazioni di alcuni dei convenuti parrebbe che la proposta negoziale di Ucraina e UE sia rimasta sostanzialmente la stessa, anche se timidamente si inizia ad accennare al fatto che la Crimea è con tutta probabilità persa.

Per il resto, però, non pare di ravvisare cambiamenti: cessate il fuoco incondizionato prima di qualsiasi negoziato, nessuno scambio o cessione di territori (anche se Zelensky in un brevissimo incontro con i giornalisti dopo il vertice ha detto che è disposto a discutere della questione ma solo personalmente con Putin), nessun accenno a un ritiro delle sanzioni, nessuna smilitarizzazione dell’Ucraina, ampie ‟garanzie di sicurezza” (sulle quali torniamo subito), invio di assistenza militare pagata dagli europei per fare dell’Ucraina il ‟porcospino d’acciaio” di cui pare essersi invaghita von der Leyen, presenza di truppe dei ‟volenterosi”, ovvero NATO, in Ucraina dopo il cessate il fuoco, e nessun accenno né alla questione della lingua russa nell’Ucraina post-conflitto né alla questione della Chiesa ortodossa che afferisce al patriarcato di Mosca.

Trump ha detto che il cessate il fuoco non è necessario per negoziare, aggiungendo che lui ha fatto finire sei guerre senza che ce ne fosse uno, e che qualche territorio dovrà andare via, ma ha anche detto che ora gli europei pagano loro per l’assistenza militare all’Ucraina comprando armi americane (che continueranno dunque a essere spedite) e che anche gli USA forniranno le famose ‟garanzie di sicurezza”.

Ora cerchiamo un attimo di fare chiarezza su quest’ultima cosa, quella delle garanzie, perché mi pare che sull’argomento si dica tutto e il contrario di tutto. La disponibilità statunitense è stata interpretata come una gran vittoria dai ‟volenterosi”, che sembrano intendere le garanzie in questione come le intende Giorgia Meloni che da tempo le ipotizza come pari a quelle dell’articolo 5 della NATO.

Ora, anche se trascuriamo per un attimo un paio di problemi che a me non sembrano di poco conto (ritrovarsi a godere solo dei vantaggi di un’alleanza senza nessuno degli obblighi, perché di quell’alleanza in realtà non fai parte, e trasformare un proprio conflitto aperto nel conflitto di tutti – perché non si può entrare nella NATO se si è impegnati in un conflitto, ma appunto l’Ucraina non ci entrerebbe) c’è da capire bene cosa dice questo benedetto articolo 5, citato molto spesso a sproposito e considerato da molti come la garanzia che, in caso di attacco a un paese membro dell’Alleanza, tutti gli altri si metterebbero sul piede di guerra inviando armi, rifornimenti e truppe.

Se lo si legge, però, ci si rende subito conto che di tutto questo nell’articolo 5 non c’è traccia. Recita infatti (copio dal sito della NATO): ‟Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale”.

Nessuna clausola automatica di ingresso in guerra, dunque, e direi anche per fortuna, ma ‟l’azione che giudicherà necessaria, IVI COMPRESO [enfasi mia] l’uso della forza armata”. Che è, in sintesi, quello che stiamo già facendo per l’Ucraina tranne l’uso della forza armata.

Se le garanzie di sicurezza sono queste si tratterebbe dunque di un ingresso indiretto nella NATO che esenterebbe gli altri paesi dal prestare automaticamente assistenza militare, ma nulla osta se volessero invece farlo – come, appunto, avviene nella NATO. Ci troveremmo in sintesi alla stessa situazione del 2022 ma col confine orientale ucraino un po’ spostato verso ovest e verso nord.

Se poi uniamo la proposta di Meloni a quelle di Macron-Starmer e degli altri ‟volenterosi” avremmo il ‟porcospino d’acciaio” armato di armi NATO, con le garanzie dell’art. 5 e in più contingenti militari di paesi NATO presenti sul territorio ucraino, eventualmente sostenuti da flotta e aviazione e quindi, per la Russia, molto peggio del 2022.

Non si capisce perché dovrebbe accettare e infatti non accetterà nulla del genere, come abbondantemente ribadito, anche oggi, dai vertici del Ministero degli Esteri: anche perché in tutto il discorso delle garanzie di sicurezza par di capire che debbano valere solo per l’Ucraina, mentre nessun meccanismo di tutela è previsto per la Russia in caso, dopo qualche anno di riarmo, sia l’Ucraina a riaprire le ostilità (‟eh ma non succede”. Spero per voi, ma soprattutto per i vostri clienti, che non facciate i notai).

Se la proposta è questa, quindi, si è solo perso tempo. L’idea di ‟garanzie di sicurezza” stringenti avrebbe senso, anche per la Russia, in un solo caso: che l’Ucraina rinunci a entrare nella NATO, ristabilisca il suo status di neutralità, accetti una smobilitazione e una smilitarizzazione e rinunci all’idea di ospitare truppe straniere sul suo territorio a qualunque titolo.

In questo caso la sua difesa da eventuali aggressioni potrebbe e dovrebbe essere demandata a una coalizione di ‟volenterosi”, che coinvolga magari anche la Cina e altri paesi non occidentali (e che la tuteli da ogni aggressione, non solo da quelle ipotizzabili da parte russa. Niente polacchi e ungheresi nei volenterosi, insomma, e infatti non ci sono).

È di questo che si è parlato, di questo tipo di garanzie per questo tipo di assetto futuro del paese? Non lo sappiamo, ovviamente, ma non credo. L’unica cosa che sappiamo è che i negoziati continuano ma continua anche la guerra, e continua il sostegno occidentale all’Ucraina. Per ora non è cambiato niente.



E questa sarà la solfa che ci sentiremo ripetere nei mesi e negli anni a venire, perché in qualche modo da questa storia bisognerà venirne fuori e non essendo noi più in grado di venirne fuori col ragionamento e con l'analisi degli errori fatti (sempre gli stessi: sostituite Ucraina a Iraq, Afghanistan, ex-Jugoslavia, Libia...) dobbiamo inventarci un'altra favola della buona notte.

* Componente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio


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