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18 agosto 2025
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Palestinesi borsisti della Statale di Milano nell'inferno di Gaza
di Piero Graglia

"I nostri borsisti che si trovano nella Striscia e con i quali ancora riusciamo a restare in contatto, in attesa di poterli far venire via per iniziare i loro studi alla Statale di Milano, raccontano dell’imminente offensiva finale dell’IDF, che negli ultimi giorni ha completato la distruzione sistematica del quartiere di Al-Zeitoun. E chiedono aiuto, di fronte a questo orrore senza fine." Prof. Stefano Simonetta

L'impotenza è il peggiore sentimento che può provare un essere umano, di qualsiasi etnia, religione o sesso sia. Significa sapere, provare orrore e non potere fare. L'impotenza di chi sapeva e non poteva fare nulla in ogni momento della nostra storia recente e meno recente, quando subisci la violenza perché non hai nessun strumento per contrastarla.

Noi, maturi nati negli anni Sessanta o dopo, non abbiamo potuto fare nulla nel 1933, nel 1938, nel 1941, non abbiamo potuto fare nulla nel 1948, nel 1956, nel 1967, nel 1973, nel 1985, per ovvi motivi. Molti di noi non c'erano, non erano neppure nati, oppure erano troppo giovani per fare qualcosa.

Potevamo scendere in piazza nel 1991, per la ex Jugoslavia, per "la pace" e il Kuwait, oppure poco prima per gli euromissili e il disarmo globale. Eravamo convinti di pesare, contare, sapere, vincere. Ci è rimasto l'impegno e la consapevolezza, le vittime si sono seppellite da sole.

Oggi possiamo fare qualcosa, non per ogni situazione tragica esistente al mondo ma almeno per quelle la cui risoluzione è "à l'echelle humaine", alla nostra portata.

Tirare fuori 15 persone, studentesse e studenti di etnia araba palestinese dalla Striscia di Gaza, fare qualcosa, premere sulla diplomazia, già attivata ma apparentemente impotente, per lenire almeno una parte di quel cieco dolore e profumo di morte che aleggia in quei pochi chilometri quadrati.

Senza prendere parte per i motivi dell'uno o dell'altro, senza benaltrismi del tipo "ma allora gli ostaggi?", "ma allora le vittime del 7 ottobre?". Cose orribili, che non dovevano succedere, che non dovranno mai più succedere in futuro, ma oggi, qui e ora, abbiamo un confronto con la nostra umanità: possiamo tirare fuori 15 giovani esseri umani da quel tritacarne, oppure ci pieghiamo alla ragione delle colpe contrapposte e li lasciamo dove sono, vittime di violenza irrazionale, cieca, assoluta, che ci piace rivestire di nobiltà chiamandola "guerra"?

Abbiamo accolto ucraini a migliaia dopo il 2022; per anni migliaia di disperati hanno trovato approdo in Italia e in qualche modo hanno avuto un futuro; non possiamo forse salvare un singolo bambino dalla morte per fame in Mali o in Nigeria, nel Kashmir o nel Nepal, ma qui sappiamo le vittime chi sono, li contiamo, li ascoltiamo, li sentiamo, li vediamo quasi.

Lasciarli là volontariamente, voltarsi dall'altra parte, è semplicemente criminale.

Sono studenti, vincitori di borse di studio competitive, che non possono muoversi, sono un granello, insignificante per i grandi numeri della tragedia che vede Israeliani e Arabi da anni confrontarsi per un fazzoletto di terra non più grande dell'Umbria, ma sono persone che interrogano la nostra umanità, come la interrogano le vittime della mattanza del 7 ottobre, come la interrogano tutti quelli che finiscono nell'ingranaggio della violenza stupida e irrazionale, la nostra parte più buia e ferina che rivestiamo di cattiveria e di motivazioni più o meno nobili o sacre per giustificarla. Tiriamoli fuori, e salviamoci.

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