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Al mare a Molfetta
di Francesco P. Esposito *
Molfetta, in provincia di Bari, una delle città di mare più belle d'Italia. Una città dove si potrebbe passare un'esistenza dolce e felice, vivendo di pesca, agricoltura di altissima qualità, accoglienza e turismo.
Invece a Molfetta e dintorni si muore, si muore più che in altre parti d'Italia. Si muore dopo essersi ammalati di leucemie fulminanti capaci di uccidere in pochi mesi o di rari cancri specializzati nel mangiarti lentamente da dentro.
Muoiono di tumori implacabili soprattutto i pescatori di Molfetta, Trani, Manfredonia e Margherita di Savoia; altri portano sulla pelle ustioni, lacerazioni e cicatrici di questa nostra storia.
A Molfetta i pesci sono particolarmente esposti all’insorgenza di tumori, a danni all’apparato produttivo, e a vere e proprie mutazioni genetiche.
L'assassino si chiama Iprite, il colpevole di tutta questa morte sono le armi chimiche della Seconda Guerra Mondiale sepolte nel mare davanti alla Puglia.
Ma questa è storia vecchia, penserà qualcuno.
No, nulla di più falso.
Molti sostengono che dopo la guerra della ex Jugoslavia nuove armi pericolose siano state nascoste nel basso Adriatico dopo accordi internazionali tra l'Italia e le potenze estere della coalizione.
Le armi sono lì e spesso vengono raccolte dalle reti a strascico dei pescatori che escono per pescare totani e scorfani mentre al timone la Morte sorride beffarda.
RIUSCIREMO A TOGLIERE IL SEGRETO MILITARE A QUESTA TRISTE VICENDA?
* Criminologo forense, componente del Comitato Tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
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