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Il Regno di Calabria e il Principe capriccioso
di
Pino Carella
C’era una volta e forse c’è ancora, ma non si sa per quanto, un regno assolato e baciato dal mare, chiamato Calabria. In quel regno, tra fichi d’India e treni fantasma, governava un principino di nome Aralberto, detto anche “il Capriccioso”, per via del suo carattere… diciamo, vivace.
Fin da bambino, il piccolo Arabertino aveva una strana abitudine: portava sempre con sé un pallone per giocare a calcio, ma guai a chi osava batterlo! Se perdeva, si prendeva il pallone e se ne andava via stizzito, lasciando gli amici a discutere con l’erba.
Cresciuto e incoronato Principe di Calabria in una cerimonia scintillante degna di Hollywood e sagre di paese, Araberto Primo da Cosenza prese subito in mano il regno come fosse un gioco da tavolo. Emise un editto solenne: “Tutto il potere della sanità sia mio! Dalla TAC al termometro, nulla sfuggirà al mio sguardo!”.
E così fu. Scelse personalmente cateteri, cerotti e persino il colore delle garze. Ma non finì lì: istituì anche l’Assessorato alle Feste, un settore allegramente frequentato da dame, cavalier serventi e fedelissimi con calici sempre pieni. I festini erano tanti e tali che i mulattieri, stufi di buche e strade dimenticate, fecero le valigie e migrarono a cavallo verso nord, seguendo le tracce dei muli.
Il Principe però aveva un sogno ancora più grande: un mega-aeroporto per accogliere VIP, starlette e opinionisti televisivi in visita alle sue celebri baldorie. Prima di ogni festa, rendevano omaggio alle statue dei guerrieri di Riace, vestiti per l’occasione con papillon e lustrini.
Ma la plebe… ah, la povera plebe! Non invitata ai cenoni, ai brindisi e ai concerti di Capodanno in mondovisione, cominciava a serbare rancore. Mentre i nobili ballavano, la gente comune aspettava mesi per una visita medica o un’ambulanza che non arrivava nemmeno col cavallo.
Il Principe, però, generoso a modo suo, aveva pensato anche a loro: “Perché curarsi qui? Ci sono le cliniche del Nord! Chi non può pagare? Tranquilli, paga il regno... forse.”
Ma il malcontento cresceva. Le gelosie si sa son brutte bestie. Un giorno, qualcuno disse basta. Le prime ribellioni si accesero tra gli ulivi, i borghi e persino nei lidi a pagamento.
Il Principe, colpito nell’orgoglio, finse di abdicare. Disse: “Me ne vado!” Ma era una trappola! Tornò in gran segreto con un esercito di consiglieri, tecnici, amici degli amici e social media manager. Fece razzia degli ultimi tesori del regno: un paio di fontane funzionanti, tre parcheggi gratis e il mitico treno regionale che partiva (forse) ogni terzo martedì del mese.
E così il regno rimase sospeso, in attesa del prossimo capitolo. Una soap opera senza fine, dove ogni giorno porta un colpo di scena e un nuovo bando pubblico per gli amici del Principe.
Ma guai a protestare! Come si dice da quelle parti: "Perdimmi l’occhji, e vai videndu i pinnolara?" (abbiamo perso gli occhi e vai alla ricerca delle ciglia).
E il popolo, zitto e sornione, continua ad assistere, tra una risata amara e una speranza che prima o poi, anche in Calabria, arrivi il lieto fine.
Fine… per ora.
 
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