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09 agosto 2025
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Russia-USA: la scelta dell'Alaska
di Francesco Dall'Aglio

Nessun capo di stato russo, né zarista, né sovietico né post-sovietico, è mai stato in visita in Alaska.

E sì che l'Alaska è ancora abbastanza legata alla Russia, come ha fatto notare l'entusiasta Dmitriev, non tanto perché era la Russkaja Amerika (sostanzialmente una serie di avamposti commerciali nei quali personaggi di solito molto poco raccomandabili si dedicavano al commercio delle pellicce, non un vero e proprio territorio di colonizzazione) ma perché parte della popolazione locale è di discendenza russa o più spesso russo-nativa e professa il cristianesimo ortodosso, anche se la diocesi di Sitka e Alaska (il nome ufficiale della chiesa locale) non dipende dal patriarcato di Mosca ma dalla Orthodox Church in America.

L'Alaska è stata anche importantissima durante la seconda guerra mondiale, quando da lì partiva la Alaska–Siberia Air Route (ALSIB), grazie alla quale gli USA consegnarono all'URSS più o meno 8000 aerei da combattimento e da trasporto tra il settembre 1942 e il 1945. Gli aerei venivano portati in volo dai luoghi di produzione a Great Falls in Montana (spesso, altro dettaglio interessante, dagli equipaggi femminili del Women Airforce Service Pilots), facevano tappa all'aeroporto militare di Ladd, a Fort Wainwright vicino Fairbanks e da lì venivano presi in consegna dal personale dell'aviazione sovietica che li portava a destinazione.

Ovviamente la rotta era sicura dal punto di vista militare, molto meno dal punto di vista meteorologico, e tra trasferimenti in Alaska e trasferimenti in URSS 177 aerei andarono perduti, molto spesso insieme agli equipaggi (tra loro, 38 aviatrici del WASPs). A Fairbanks c'è un monumento che ricorda le missioni dell'ALSIB (ce n'è uno anche a Magadan, il terminale siberiano), che allego come foto 2, e chissà se Trump e Putin troveranno il tempo, ammesso che si incontrino da quelle parti, di portare una corona. Sarebbe un segnale importantissimo di distensione ma forse, appunto, troppo importante, per cui vedremo.

La scelta dell'Alaska, ovvero del territorio statunitense, risponde a una serie di fattori - considerando anche che si è già detto che il prossimo incontro tra i due presidenti, quando e se si terrà, si farà in Russia. Innanzitutto risolve il problema del mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, che gli USA, come la Russia, non riconoscono, e risolve anche il problema di volare in spazi aerei internazionali o di paesi terzi con tutti i rischi del caso, visto che anche se spesso ce ne dimentichiamo Russia e USA hanno una frontiera in comune (certo, in mezzo ci sono acque internazionali, ma insomma sarebbero ben poche miglia).

Rimanda poi immediatamente ai periodi di distensione durante la guerra fredda, quando gli incontri in URSS (più spesso) o negli USA erano di norma finalizzati a discussioni e/o trattati sulle armi nucleari. E questo, appunto, ci rimanda al significato ultimo di questa scelta: si fa a casa di uno dei due, e poi ci si rivedrà a casa dell'altro.

Non in campo neutro, non in casa d'altri, perché le cose che verranno discusse (anche la situazione in Ucraina) riguardano solo USA e Russia, con buona pace dell'Europa e di Zelensky, che ha già fatto sapere che l'Ucraina non accetterà né scambi né cessioni di territori.


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