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09 agosto 2025
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La parola genocidio è il dito che indica la luna
di Mario Cosenza *

L'impressione, sempre più acuta, è che la questione sul Genocidio sia diventata puro nominalismo. Diciamo anche: fumo negli occhi, caciara. Tranne pochi e meritevoli interventi di qualità, il resto è - mi si scusi la lapidarietà - manovra diversiva. È lo stolto che guarda il dito e non la Luna o il truffatore volontario.

Perché non si tratta più di non voler ammettere "la parola" per negare il fatto: il fatto non viene negato, è che proprio scompare con un gioco di prestigio.

Allora, la luna è chiarissima: 'genocidio' o meno, si sta sterminando una popolazione. Io uso la parola da quasi subito quindi figuriamoci, e ovviamente l'idea che l'utilizzo sia sostanzialmente superfluo farà impallidire giuristi e operatori - giustamente!

Ma io posso farne a meno. Posso affidare alla storia del diritto e a tempi futuri la giustezza o meno di 'Genocidio'.

Il Non Genocidio (ok?) è un dannato sterminio. La parola non lo annulla, non lo cancella.

Uno Stato sta sterminando una popolazione.

Scientificamente, chirurgicamente, a volte, e altre grossolanamente. Lo si sta facendo con la responsabilità attiva dei governi che offrono armi, e lo si sta facendo - da sempre, forse, e sicuramente ora - molto più per ragioni di politica interna che di altro.

Non si può più discutere con chi nega che Israele (quando affrontiamo la questione del consenso della sua popolazione) o, comunque, il suo governo, sta da due anni dichiarando guerra a tutte le entità politiche confinanti per rimanere al potere, e la forma di questo attacco, a Gaza, è uno sterminio.

Chi nega questo è o in malafede o ottuso. Dirò di più: ha più senso discutere con chi dà il suo pieno assenso a ciò che sta accadendo che con chi nega che accada.

Credo che dire cose così evidenti non sia il segno che chi denuncia lo sterminio scientifico di Gaza sia un santo (Gaza è diventata anche un enorme fabbrica di "ripulitura" per influencer e politicanti); è semplicemente il ristabilire che esiste una realtà che non si può negare pena il nichilismo più assoluto.

La vera domanda è: ma cosa si può fare? Come lavoratore della ricerca posso dire: fare bene il proprio lavoro, se lo si sa fare, senz'altro, offrire qualche strumento nei giusti ambienti. Coltivare qualche spazio realmente libero.

Prendere parola, per quel che vale, sapendo bene che, in linea di massima, mostrata l'assoluta rottura della cinghia di trasmissione tra opinione pubblica e governo, il parlare ha tantissimo dell'atto narcisistico (anche questo post, ovvio).

Evito la tentazione del completo silenzio solo perché disistimo profondamente gli intellettuali e gli artisti che se ne sono stati zitti, o hanno finto equidistanza, o hanno detto cose talmente generiche da essere recepibili come mediocri temo di terza elementare. Almeno così qualche "giovane" o qualche escluso dai circoli buoni saprà che le Accademie non sono tutte da radere al suolo.

* Ricercatore in Filosofia

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