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08 agosto 2025
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Sentenze sui migranti: Meloni apprenda dai penalisti
di Rita Newton

Mentre la maggioranza di governo, Meloni in testa, attacca la magistratura per la questione dei migranti definita anche dalla Corte di Giustizia Europea, non viene minimamente preso in considerazione il parere dell'Avvocatura penale, che ha salutato positivamente la sentenza europea.

Questa, in tema di Protezione internazionale, aveva sancito che "la designazione di un paese terzo come «paese di origine sicuro» deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo. In base alla direttiva non è possibile la designazione di un paese come sicuro se alcune categorie di persone restano escluse dalla presunzione di sicurezza".

L'Unione Camere Penali ha commentato che la Corte di Giustizia UE, decidendo sulle questioni rimesse dal Tribunale di Roma, "ha riaffermato il principio del diritto a un ricorso effettivo e la centralità dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta europea", chiarendo che gli Stati membri possono definire autonomamente la lista dei Paesi sicuri. Ma "tale designazione, deve fondarsi su fonti accessibili e restare sempre soggetta al controllo del giudice da svolgersi nel contraddittorio tra le parti".

È sempre possibile per il migrante contestare l’inserimento di un Paese nella lista e per il giudice verificare la fondatezza della scelta. "Le scelte legislative - sottolinea l'organo dei penalisti - non possono sottrarsi a limiti e controlli quando sono in gioco diritti fondamentali. Tali conclusioni non sorprendono, poiché proprio su tali principi si fonda lo Stato di diritto".

Meloni dovrebbe tacere e apprendere: non solo i magistrati pensano di dover tutelare i diritti fondamentali dei migranti, ma anche i penalisti - in genere in contrasto con l'ANM - ritengano che sia compito dei magistrati farlo. E' una sorta di prova del nove della fondatezza della decisione.

La Giunta dell'Unione Camere Penali, tuttavia, fa anche rilevare come questa impostazione non dovrebbe valere solo per i migranti, ma anche per le "persone detenute nelle carceri italiane in condizioni di sovraffollamento, inumane e degradanti" che non vengono tutelate "né da parte della politica, né da parte della magistratura che, come risulta ancora una volta evidente, a seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia, avrebbe gli strumenti per intervenire".

Il ragionamento è che se è giusto non rimpatriare i migranti per salvarli dalla potenziale detenzione in condizioni indegne nei loro paesi di provenienza o in posti come la Libia, lo steso criterio andrebbe applicato ai detenuti italiani quando se ne decide l'internamento. Aggiungerei che lo stesso ragionamento andrebbe applicato ai CPR dove i migranti vengono trattenuti dopo che ne è stato fermato l'eventuale rimpatrio.


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