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Israele: è ancora giusto chiamarla democrazia?
di Cristina Siqueira
> "Può una democrazia essere definita tale se nega diritti fondamentali a milioni di persone sotto il suo controllo?"
— Noam Chomsky, linguista e attivista politico
Israele viene spesso definito “l’unica democrazia del Medio Oriente”, una frase che si ripete nei media e nei contesti diplomatici come un assioma indiscutibile.
Ma quanto corrisponde alla realtà questa narrazione?
Una democrazia non si misura solo dal fatto che si vota: si misura dalla parità di diritti, dal rispetto delle minoranze, dalla separazione dei poteri, dalla certezza del diritto e dall'uguaglianza davanti alla legge.
Sotto questi aspetti, Israele mostra contraddizioni gravi e sistemiche.
▪️ Nessuna Costituzione
Israele non ha una costituzione. Dopo la sua fondazione nel 1948, si decise di non redigere un testo costituzionale, ritenendo sufficiente l'adozione di alcune leggi fondamentali.
Questo ha creato un vuoto normativo che permette ampi margini di interpretazione e arbitrio.
L'ultima legge fondamentale, approvata nel 2018, definisce Israele come “Stato-nazione del popolo ebraico”, escludendo implicitamente i cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana dal pieno godimento della sovranità.
Questa legge, secondo molti osservatori, legalizza l’apartheid interno: afferma che solo il popolo ebraico ha il diritto all'autodeterminazione sul territorio israeliano, mentre ignora il 20% di cittadini arabo-palestinesi.
▪️ Due sistemi giudiziari, una sola realtà: la discriminazione
Nei territori occupati, due popolazioni vivono sotto due sistemi legali separati:
I coloni israeliani in Cisgiordania rispondono alla legge civile israeliana e sono giudicati in tribunali civili.
I palestinesi vivono sotto legge marziale militare, e vengono giudicati da tribunali militari, senza le stesse garanzie giuridiche.
Anche i bambini palestinesi possono essere arrestati, detenuti e interrogati senza la presenza di un avvocato o dei genitori.
Un bambino palestinese di 10 anni che lancia un sasso può essere accusato di terrorismo.
Un colono che spara a un palestinese, invece, viene spesso assolto — o persino celebrato.
> "Il dio dei coloni israeliani è feroce come il dio dei talebani."
— Stefano Levi Della Torre, ebreo laico e intellettuale italiano.
▪️ Detenzione amministrativa e stato di eccezione permanente
Israele detiene oltre 3.400 palestinesi — inclusi più di 100 bambini e una ventina di donne — senza accuse formali né processo, tramite l’istituto della detenzione amministrativa.
A questi si aggiungono circa 1.550 soggetti considerati “combattenti illegali”, molti dei quali provenienti da Gaza, anch’essi detenuti senza regolare processo.
In totale, oltre 9.500 palestinesi risultano imprigionati all’inizio del 2025, secondo la Commissione per gli Affari dei Detenuti e la Palestinian Prisoners Society.
La detenzione amministrativa consente alle autorità israeliane di trattenere individui per periodi prolungati senza accuse né processo. Può essere rinnovata a tempo indefinito, e spesso i detenuti non hanno nemmeno accesso a un avvocato.
▪️ Il sistema educativo separato
I bambini israeliani e i bambini arabi palestinesi non frequentano le stesse scuole.
Esistono due sistemi scolastici distinti: uno per gli ebrei e uno per gli arabi.
Le scuole arabe ricevono meno fondi pubblici, meno infrastrutture, e offrono opportunità notevolmente inferiori.
Non si studia la Nakba, né la storia o cultura palestinese.
Questa è una segregazione istituzionalizzata che contribuisce alla marginalizzazione sociale.
> "Lo Stato di Israele è diventato un laboratorio della dominazione coloniale."
— Ilan Pappé, storico israeliano.
▪️ Rappresentanza parlamentare e simboli di esclusione
La rappresentanza parlamentare in Israele non è realmente inclusiva.
I partiti arabi vengono sistematicamente marginalizzati, e qualunque forma di solidarietà o difesa dei diritti palestinesi rischia di essere bollata come “anti-israeliana”.
Alcuni deputati arabi sono stati sospesi, perseguitati, o messi sotto indagine solo per le loro opinioni politiche.
▪️ I coloni come eroi, i bambini palestinesi come terroristi
Una delle distorsioni più gravi è la narrativa mediatica interna israeliana:
i coloni estremisti che attaccano villaggi palestinesi vengono spesso ritratti come “difensori” della terra promessa, protetti dall'esercito, appoggiati politicamente e raramente puniti.
Invece, un palestinese che reagisce all'occupazione viene subito dipinto come un terrorista.
> "Israele è, inequivocabilmente, uno Stato teocratico, al pari dell’Iran e dell’Afghanistan: non si può sfuggire a questa verità."
— Mario Capanna, attivista e scrittore.
▪️ Il doppio standard dell’Occidente
Tutto questo porta a una domanda chiave:
se pratiche simili — tribunali militari per minoranze etniche, leggi discriminatorie, detenzioni senza processo, violenza contro civili — fossero messe in atto da Cina, Russia o Iran, l’Occidente le accetterebbe come espressione di democrazia?
La verità è che Israele gode di un’immunità diplomatica per il suo ruolo geopolitico.
Ma questo non cancella i fatti.
Il coraggio di chiamare le cose con il loro nome
Israele si presenta come una democrazia, ma la realtà è che pratica un sistema di discriminazione sistematica, segregazione legale e repressione politica.
Questo non è altro che un regime di apartheid mascherato da democrazia.
Se vogliamo difendere la democrazia come valore universale,
dobbiamo avere il coraggio di riconoscere e chiamare apartheid quello che apartheid è.
> "La democrazia non è solo il diritto di votare, ma il diritto di vivere in condizioni di dignità e uguaglianza."
— Martin Luther King Jr.
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