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Corruzione: la magistratura fa il suo lavoro ma le nuove norme fanno danni
di
Elisa Fontana *
E’ stato pubblicato da qualche mese il rapporto 2024 di Transparency International, alla presenza del presidente dell’Autorità anticorruzione Busia, sull’indice della percezione della corruzione (CPI) nel mondo ed è passato abbastanza sotto silenzio nel dibattito pubblico.
La classifica viene stilata annualmente utilizzando dati provenienti da 13 fonti esterne e su opinioni di esperti ed imprenditori e assegna un punteggio a 180 Paesi nel mondo. Ma come si posiziona l’Italia in questa classifica?
Partiamo dal dato di fatto che dal 2012 l’Italia aveva sempre fatto passi in avanti in questa classifica, partendo da un CPI di 40, arrivando nel 2022 a 56 e mantenendolo anche nel 2023.
Ma nel 2024 Transparency ci certifica un arretramento di 2 punti non CPI che ci fa indietreggiare nella classifica di ben 10 posti e ci fa guadagnare un apposito capitolo del Report intitolato “Paese da tenere d’occhio: l’Italia”. Indietreggiamo dal 42° posto al 52° su 180 Paesi, sorpassati da Oman, Isole Fiji, Rwanda e Arabia Saudita, per capirci. E nell’Unione Europea siamo 19esimi su 27 Stati membri.
Ma vediamo meglio le motivazioni di questo pericoloso arretramento. Dal 2012 al 2022 l’Italia, scrive Transparency, ha innescato positivi cambiamenti grazie alle misure anticorruzione soprattutto negli appalti pubblici e all’Autorità anticorruzione che ha rafforzato la disciplina sugli appalti e creato un data base pubblico che rappresenta un esempio in Europa. Ma allora cosa è accaduto nell’ultimo anno in maniera così pesante da far perdere 10 posti?
Ve lo riporto letteralmente dal Report:
“Le recenti riforme delle misure anticorruzione stanno danneggiando i progressi dell’Italia. Gli adeguamenti al quadro giuridico, tra cui il restringimenti delle definizioni di traffico influenze e la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio da parte di pubblici ufficiali indeboliscono i controlli sui legami fra il settore pubblico e la criminalità organizzata. Persistono lacune in termini di trasparenza e accesso dati nel monitoraggio di come l’Italia spende i fondi del PNRR”.
Che è quanto lamentarono immediatamente davanti alle riforme volute da questo governo il presidente dell’Autorità anticorruzione o il Procuratore Gratteri (“crollo prevedibile, lo Stato così favorisce le mafie” è stato il suo commento al Report), non da soli, ma sicuramente isolati e ascoltati con sommo fastidio.
Ma le critiche di Transparency sono puntuali e si appuntano, ad esempio, anche sul fronte dell’antiriciclaggio. L’Italia è stata tra gli ultimi ad adottare il Registro dei titolari effettivi, ma lo ha reso inefficace rinviandone l’attuazione e l’implementazione e rendendo così praticamente inefficaci le misure antiriciclaggio.
E, ancora, si sottolinea come sulla Direttiva europea anticorruzione l’Italia abbia espresso un parere negativo nel luglio 2023.
Insomma, la situazione della legalità è veramente precaria, soprattutto sotto i colpi di questo governo che sta scientificamente smantellando qualunque apparato di controllo che possa disturbare, facendoci vistosamente arretrare sul fronte della lotta alla corruzione.
Ma d’altra parte, cosa mai potevamo aspettarci di diverso da un governo che per bocca del suo presidente del consiglio ha definito le tasse un pizzo di stato?
E che ancora fino a ieri presentava in Parlamento e faceva approvare alla Camera il decreto Salva Milano?
Suggerirei a tutti gli indagati per corruzione, dal sistema Milano al presidente Occhiuto, di stare tranquilli, perché pian piano tutte le barriere anticorruzione verranno smembrate e, caso mai, c’è sempre una bella prescrizione pronta a dare una mano, no?
* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio
 
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