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Segre sembra preoccupata per Israele, non per i palestinesi
di Alessandro Ferretti
La lettura dell'intervista a Liliana Segre pubblicata su Repubblica è fatica improba e penosa.
Anche qui è manifesta l'incapacità di esprimere esplicitamente dolore per le vittime palestinesi, che a questo punto temo derivi dal fatto che questo dolore non ci sia. Anche qui, l'unica preoccupazione è il timore che Israele possa patire conseguenze per i suoi orrori.
Estremamente rivelatore del completo distacco dalla realtà è il passaggio lunare in cui Segre dice che chi usa il termine genocidio è gente animata da sentimenti antisemiti ("magari inconsci") che "da decenni" è "seccata dal giorno della Memoria" e grida "genocidio, genocidio, genocidio" per "prendersi la rivincita".
Alla base di una simile assurda visione non può che esserci un profondo trauma che impedisce di vedere la realtà per quella che è, trauma che sicuramente Segre ha subito sulla sua pelle e del quale dobbiamo tenere conto prima di giudicare la persona.
Però le conclusioni che siamo tenuti a trarre da questa intervista sono le stesse di quelle tratte dall'intervista di Grossman: le cose che dicono, e quelle che non dicono, sono la dimostrazione che la grande maggioranza degli israeliani (i fans di Netanyahu più l'opposizione stile Grossman) sono privi di lucidità e non vedono i palestinesi come normali esseri umani degni di compassione e pietà.
Quindi, la comunità internazionale ha il preciso dovere morale e giuridico di intervenire immediatamente interrompendo i rapporti diplomatici e commerciali con Israele, per salvare i palestinesi dalla follia di costoro.
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