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28 luglio 2025
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Antimafia: Beppe Montana
di Pino Maniaci

Era il 28 luglio 1985. A Palermo erano iniziati i lavori per la costruzione dell'aula bunker dell'Ucciardone, che da lì a poco avrebbe ospitato il maxiprocesso. Il commissario Beppe Montana aveva ormeggiato il motoscafo sul molo di Porticello, una piccola frazione di Santa Flavia, dopo una giornata trascorsa con la fidanzata e alcuni amici.

Quello che poteva sembrare un normale giorno di vacanza, era in realtà l'occasione perfetta per cercare i latitanti che si nascondevano in quel tratto di costa compreso tra Bagheria, Porticello, Casteldaccia e Termini Imerese: per individuarli ed arrestarli aveva creato la Catturandi, una sezione della squadra mobile che aveva il compito di svolgere questo tipo di attività.

Il dottor Montana era arrivato a Palermo il 4 settembre del 1982, all'indomani della strage di via Carini in cui furono uccisi il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo. Qui, a soli trentatré anni, diventò un investigatore esperto e preparato che si dedicava anima e corpo al lavoro, tanto che i colleghi lo soprannominarono "Serpico", come il coraggioso poliziotto italo americano.

Era consapevole di essere in pericolo, dopo l'uccisione del dottor Chinnici, nel 1983, disse: "A Palermo siamo poco più d'una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà".

E quella domenica sera toccò a lui: aveva ancora il sale sulla pelle, il costume e le infradito, quando venne assassinato con quattro colpi di pistola alla faccia in una piazzetta a pochi passi dal molo, mentre si recava nella casa che aveva preso in affitto allo scopo di controllare quella zona ad alta densità mafiosa.

Il vicequestore Ninni Cassarà, arrivato sul posto insieme al giudice Paolo Borsellino, guardò quest'ultimo negli occhi ed esclamò: "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano". Non si sbagliava: dopo quell'omicidio iniziò un'estate fatta di sangue e attentati, una delle più brutte per la città di Palermo. In soli dieci giorni vennero assassinati altri tre poliziotti, tra i quali lo stesso Cassarà, lasciati soli a combattere una guerra ad armi impari.


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