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Israele arresta gran Muftì di Gerusalemme ad al-Aqsa
di
Leandro Leggeri
In un gesto che ha suscitato profonda indignazione nel mondo arabo e musulmano, le forze di occupazione israeliane hanno arrestato il Gran Muftì di Gerusalemme e della Palestina, Sheikh Mohammad Hussein, subito dopo la preghiera del venerdì tenutasi oggi nella moschea di Al-Aqsa, cuore spirituale e simbolico dell'identità palestinese.
Sheikh Hussein, la più alta autorità religiosa islamica nei territori occupati, è stato fermato violentemente nei cortili della moschea, vicino alla Porta al-Maghariba, dopo aver pronunciato un sermone in cui ha condannato l’assedio e la fame imposta al popolo palestinese di Gaza.
Secondo fonti ufficiali palestinesi, il Muftì è stato trattenuto per alcune ore, quindi rilasciato con un divieto di accesso al complesso di Al-Aqsa fino a domenica e con una convocazione a comparire per un interrogatorio da parte delle autorità israeliane.
Questo ennesimo atto di repressione rappresenta una chiara violazione della libertà religiosa e un ulteriore tentativo di intimidire le voci spirituali che si oppongono pacificamente all’occupazione militare israeliana. L’arresto del Muftì – simbolo di moderazione e di resistenza religiosa – rappresenta un colpo durissimo alla sovranità religiosa palestinese nella città santa.
Le autorità israeliane non hanno fornito alcuna giustificazione pubblica per l’arresto.
Sheikh Hussein, da anni sotto minaccia e sorveglianza, è noto per le sue denunce pacifiche contro le violazioni israeliane ad Al-Aqsa, e per la sua difesa dei diritti del popolo palestinese sotto occupazione.
Questo episodio arriva in un contesto già esplosivo, mentre continuano le incursioni militari israeliane in Cisgiordania e l’aggravarsi della catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza, dove la popolazione è allo stremo a causa di mesi di assedio.
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