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24 luglio 2025
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Cultura a destra e a sinistra
di Cassiopea

Mi hanno (ben bene) raccontato di quella volta che al teatro Niccolini di Firenze (un paio di mesi fa ormai) si sono adunati per parlare di cultura i fratelli d’Italia. E già questa affermazione ha un vago sapore di ossimoro, cioè di un accostamento incongruente.

A due passi dal duomo di Firenze, nelle strade dove i partigiani combatterono contro i nazifascisti per liberare la città, sui marciapiedi dove sono incastonate le pietre di inciampo per ricordare le vittime della deportazione nei campi di sterminio, gli eredi di Mussolini e di Almirante hanno messo in mostra il loro revanscismo, il loro desiderio di rivincita sulla cultura democratica e antifascista.

Hanno iniziato, per preparare l’evento, qualche settimana fa, chiedendo di intitolare una strada al filosofo Giovanni Gentile: un intellettuale di primo piano del Novecento ma anche “filosofo del fascismo”, aderente alla Repubblica Sociale, che non si dissociò mai dalle leggi razziali e dai crimini del regime.

L’operazione non è riuscita, ma i fratelli d’Italia sono andati avanti ugualmente, affidandosi, con grande sprezzo del pericolo, all’intervento del ministro della cultura Alessandro Giuli.

Egli, in nome della “pacificazione” e della rivalutazione della identità culturale nazionale ha prima criticato la scelta del Comune e poi si è scatenato in una serie di attacchi funamboleschi e sguaiati ad esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo.

Nel mirino sono finiti, con nome e cognome: l’intellettuale Tommaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena (rimosso dall’incarico di presidente della Fondazione Ginori per essere un avversario di questo governo) l’attore Elio Germano, per avere interpretato magistralmente Enrico Berlinguer e averne rilanciato la figura col film “La grande ambizione”; e la comica Geppi Cucciari per avere ironizzato sull’oratoria prolissa e arzigogolata del ministro.

Alessandro Giuli è un intellettuale della nuova destra, conservatore, revisionista e post fascista che propone una lettura della storia d’Italia intenzionata a ridurre le differenze tra fascismo e antifascismo nel nome di una cultura nazional-identitaria, egemone e alternativa a quella antifascista e democratica che ha caratterizzato dal dopoguerra gran parte della cultura italiana.

In realtà si può stare tranquilli.

I discorsi acrobatici ed esibizionistici del ministro Giuli e i suoi viaggi al Vittoriale per rendere omaggio a D’Annunzio, vate nazionale e precursore del fascismo, non otterranno grandi effetti sulla cultura italiana e sull’opinione pubblica.

Purtroppo, molto più danno ha fatto invece la separazione, per responsabilità della sinistra, tra la politica e gli intellettuali e la cultura in generale. Ed è su questo che bisognerebbe lavorare, con pazienza e tempi lunghi, per costruire il rinnovamento reale del Paese.


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