A Gaza muore anche la pedagogia del MAI PIU'
di Mario Cosenza *

A Gaza, oltre a ciò che sappiamo, oltre alla devastazione di ogni forma di morale, si consuma anche un'altra cosa, meno concreta ma altrettanto sconvolgente: muore una certa pedagogia che la mia generazione dava per scontata, e che riceveva in eredità dalle prime generazioni che avevano dovuto fare i conti con la memoria della guerra mondiale.

La pedagogia del "mai più", del ricordo, della memoria, dell'ascolto, del "come è potuto succedere".

È tutto vacuo, era tutto falso, quel sentimento, almeno per tutti quelli che oggi non si rendono conto di ciò che sta accadendo, che non hanno il coraggio di prendere posizione, né pubblicamente né - temo - neanche nel proprio foro privato, abituati alla dissimulazione disonesta e all'overdose da endorfine social.

Alla mancanza di cultura della complessità si poteva almeno sperare seguisse una capacità di "sentire", di indignarsi, di sapere riconoscere la devastazione e la negazione di ogni Humanitas - non dico da parte dei governi, che è evidente, intendo la mancanza di solidarietà tra quelli della "piccola storia".

E invece no: la propaganda vince, i sofismi dei piccoli meschini distinguo vincono, la tattica di evocare pericoli inesistenti vince, la paura di parlare vince, la cultura della distrazione vince.

Io non voglio più avere nulla a che fare con chi, subdolamente, per interessi o per timore di ripercussioni, non ha il coraggio di guardare in faccia questa distruzione, con chi - sarà retorico ma allora viva la retorica - trova argomenti dinanzi ai bambini che - mai così letteralmente - muoiono di fame.

VAI A TUTTE LE NOTIZIE SU GAZA

Dossier diritti