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21 luglio 2025
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Il piccolo Cristian respira veleno. I grandi rispondono profumo di fuffa
di Raffaele Florio

A Vibo Marina c’è un bambino che scrive. Si chiama Cristian. Ha otto anni, una coscienza civica grande così e un naso che funziona meglio di Arpacal.

In una lettera struggente racconta al sindaco che i miasmi dei depositi petroliferi gli fanno passare la fame, la voglia di giocare e forse anche quella di restare.

Roba da lacrime e indignazione. Ma pure da domande. La più semplice: com’è possibile che nel 2025 in un paese civile (ok, un paese) si viva ancora sotto a cisterne puzzolenti come un cassonetto dimenticato a Ferragosto?

E la risposta arriva. Puntuale, impaginata, firmata Romeo. Che non è Shakespeare, anche se la tragedia c’è tutta. Enzo Romeo, sindaco di Vibo Valentia, ringrazia Cristian per la lettera, lo chiama “coraggioso”, gli promette attenzione, verifiche, rispetto delle norme. Dice che non è solo. Ma si guarda bene dal dire una sola volta che quei depositi andrebbero rimossi, bonificati, dimenticati.

Anzi. Leggi bene tra le righe e capisci tutto: “continueremo a chiedere ai responsabili dell’impianto di rispettare le norme”. Ah, ecco. Continueremo a chiedere. Tipo quando chiedi a chi ti sta rubando in casa “scusi, può almeno non buttare tutto per terra?”. Perché la verità è questa: non hanno nessuna intenzione di spostare quei depositi.

Né il Comune, né la Regione, né tantomeno lo Stato. Perché sono lì da decenni, perché toglierli costa, perché bonificare è un verbo che la politica calabrese coniuga solo nei comizi elettorali. E allora che si fa? Si prende la lettera di un bambino, si risponde con toni da libro Cuore, e si fa finta di commuoversi. Così la coscienza è a posto. L’aria, no.

Ma se davvero volete rendere giustizia a Cristian — e agli altri bambini che magari non sanno scrivere ma respirano lo stesso — dovete dirlo chiaramente: quei serbatoi non devono restare lì. Non devono restare ancora.

Perché sono la prova fisica, tangibile, puzzolente di una classe dirigente inchiodata al passato, che gestisce il territorio come fosse una discarica autorizzata. A cielo aperto. E a naso chiuso.

Cristian ci ha messo la faccia, e l’ha fatto a otto anni. Ora tocca a voi metterci almeno la dignità. O quantomeno, se proprio volete continuare a far finta di nulla, evitate di rispondere con le moine. Perché se un bambino vi scrive sperando in un futuro migliore, la cosa più ingiusta che potete fare è promettergli che arriverà, quando sapete benissimo che resterà tutto com’è.

Anzi no. Peggio.


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