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20 luglio 2025
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Il mio nome è Walkiria
di Rinaldo Battaglia *

«Il mio nome è Walkiria: le valchirie erano le figlie del dio della guerra... una donna guerriera poteva essere solo una Walkiria.» Sono parole dette più volte nel dopoguerra da una giovane partigiana che fece parte - con molto onore -della Resistenza al nazifascismo, tanto da meritare nel 1970 la medaglia d'argento al valore militare. Il suo nome era Walkiria Terradura Vagnarelli, ma per tutti bastava solo ‘Walkiria’, la partigiana Walkiria, la "ragazza col mitra".

Certo: per i libri di Storia il nome Walkiria o, meglio, il tedesco ‘Walküre’, resta legato principalmente ‘all’operazione Valchiria’ del tenente colonnello nazista Claus Shenk Von Stauffenberg che il 20 luglio 1944 – 81 anni fa, come oggi - aveva lo scopo di eliminare fisicamente il Fuhrer dentro il suo quartier generale, a Rastenburg, nella foresta di Gierloz. Con la sua morte sarebbero cambiate le sorti della Germania: si sarebbe chiesto un armistizio agli Alleati evitando l’invasione e la distruzione del paese.

Sappiamo bene come andò a finire. Nella sala conferenze della “tana del lupo” Von Stauffenberg, riuscì a posare sotto il tavolo di quercia, accanto alla sedia di Hitler, solo una delle due bombe che aveva preparato. Destino volle che un insignificante colonnello (Heinz Brandt) – tra il massimo servilismo e la solerzia più bassa - avesse insistito all’ultimo secondo col Fuhrer che si postasse un po’ più in là, in una posizione a lui più comoda e congeniale.

E così allo scoppio dell’ordigno alle ore 12.42 la morte toccò proprio a Brandt (assieme ad altri 3 gerarchi) e Hitler - a parte i pantaloni bruciati, poche ustioni alle gambe e la perdita parziale nell’uso del timpano dell’orecchio destro - riuscì a salvare la pelle e capace, poche ore dopo, di ricevere con tutti gli onori l’amico, maestro e socio Benito Mussolini, venuto a trovarlo in quello che sarà l’ultimo loro incontro. Almeno sulla terra.

Ma mentre a Rastenburg, il ‘duo del male’ si congratulava dello scampato pericolo, sugli Appennini dell’Italia Centrale il nome Walkiria aveva un suono diverso. Era dal 9 gennaio 1924 – 20 anni prima – che quel nome era stato assegnato all’amata figlia, da un avvocato perugino, Gustavo Terradura, molto valido ma anche altrettanto osteggiato dai fascisti, perchè sin dalla marcia su Roma contrario alla gloria del Duce. Il brevetto del nome, quindi, non spetta a Claus Shenk Von Stauffenberg e ai suoi amici cospiratori, ma a quel padre antifascista, amante del diritto.

Dal padre, Walkiria Terradura assorbì subito sia la passione per la professione forense che ancora di più l’avversione al fascismo e a qualsiasi regime dittatoriale. Ancora prima della guerra e prima dell’Università (facoltà di Giurisprudenza a Perugia) più volte era stata fermata, portata in questura, minacciata dai figli del Duce, sprezzanti come sempre e visto la luna calante del loro idolo ancora più vendicativi, dopo l’8 settembre ’43, quando Walkiria aveva allora solo 19 anni.

Le cose cambiarono in peggio, il 13 gennaio 1944, 4 giorni dopo la festa – per così dire – del suo ventesimo compleanno. I fascisti di Perugia e soprattutto quelli dell’OVRA (la Gestapo del Duce, assassina e vigliacca anch’essa) – forti della presenza in quel periodo dei nazisti in quella zona – sentendosi protetti e coperti alle spalle, pensarono che fosse finalmente arrivato il momento atteso da tanti anni: fare giustizia di quell’avvocato irriverente e non rispettoso dell’Italia imperiale creata dall’Uomo della Provvidenza.

Entrarono con forza nel palazzo dei Duchi di Urbino in cui la famiglia Terradura viveva e, solo in virtù dell’immediata scaltra azione della giovane Walkiria, l’avv. Gustavo riuscì a scappare, restando peraltro per molti giorni nascosti – padre e figlia - in una delle tante soffitte del palazzo.

Dal rifugio della soffitta ai monti del Burano - tra l'Umbria e le Marche – dove operavano dopo l’8 settembre le Brigate Garibaldi il passo fu breve ed inevitabile. Padre e figlia si unirono così alla V Brigata Garibaldi di Pesaro, operante in provincia di Pesaro Urbino e in particolare il quinto battaglione, denominato gruppo "Panichi" dal nome del suo comandante (Samuele Panichi).

Walkiria in breve – sebbene donna, sebbene giovane ragazza totalmente priva di esperienza militare - in pochi mesi divenne un punto centrale del gruppo e poco dopo ad esser nominata al comando della squadra ‘Settebello’, così chiamata perché composta da 6 uomini e da lei. Walkiria divenne famosa nel ’44: con altri partigiani, come Valentino Guerra, già geniere del disciolto esercito italiano, si specializzò nel minare e far saltare i ponti strategici, per bloccare le azioni naziste, sia nei rastrellamenti coi fascisti sia durante la ritirata delle truppe di Hitler verso il Nord Italia, sul finire della guerra.

I fascisti e peggio i nazisti la conoscevano bene, conoscevano la sua tenacia e la sua intelligenza tattica ed in breve arrivarono ad emettere ben 8 mandati di cattura in poco più di un anno. Tutti andati a vuoto, tutti fallimentari.

Il suo impegno, la sua dedizione per l’ideale antifascista le furono riconosciuti ufficialmente con la decorazione al valore militare e la nomina a sottotenente, grado comparato a quello di ispettore organizzativo ricoperto nelle formazioni partigiane.

Eloquente il testo delle motivazioni per la Medaglia d'argento al valor militare: «Donna dotata di generoso animo, entrava, malgrado la giovane età, nelle formazioni partigiane della sua zona portandovi entusiasmo e fede. In lunghi mesi di lotta partecipava a numerose azioni contro il dotato avversario, mettendo in luce non comuni doti di coraggio e di iniziativa. Dopo essere riuscita con la squadra da lei comandata a fare saltare un ponte stradale, accortasi del sopraggiungere di un reparto avversario, incurante della sproporzione delle forze, attaccava con bombe a mano, di sorpresa, con un solo gregario, l’avversario, infliggendogli dure perdite, ponendolo in fuga e recuperando altresì gli automezzi e le armi abbandonate. Valido esempio di determinazione, coraggio e alto spirito patriottico.»

A guerra finita, si sposò con un ex-capitano dell'OSS alleato (Office of Strategic Services), Alfonso Thiele, conosciuto durante quella guerra maledetta, visse negli USA alcuni anni, ebbe dei figli ma poi, con la famiglia, ritornò nella sua terra natale, per fare testimonianza e dare il suo apporto anche politico alla realtà locale.

Così scrisse di Walkiria, Ferriero Corbucci (storico e uomo politico di Urbino ed ex partigiano) nel suo noto libro ‘I Maltagliati’. "Dal bosco di fronte ecco apparire improvvisamente una donna con un mitra stretto tra le mani, seguita da otto-dieci uomini armati. Correva verso di noi, vestita con una tuta mimetica e col berretto da garibaldino sulla testa, dal quale uscivano ciocche bionde e lunghe di capelli che il vento muoveva, allargava e sollevava come per gioco.

Quella donna correva e gridava: "Avanti, avanti, andate in quella direzione; tra poco incontrerete altri rinforzi che vengono dalla brigata. Andate, ai fascisti ci pensiamo noi". E passandomi vicino mi toccò una spalla".

Ma così è stata anche dopo: un simbolo di lotta e riscossa per la figura femminile nel nostro paese, non solo nella Resistenza al nazifascismo ma contro tutti le ingiustizie e pregiudizi del nostro Paese.

"Ho fatto la Resistenza con il cuore di donna. Il nome di battaglia me lo hanno dato i miei genitori quando sono nata. Meglio di questo?" Queste le sue parole in una delle ultime interviste, perché lo scorso 5 luglio 2023 Walkiria Terradura Vagnarelli, per tutti solo ‘Walkiria’, la "ragazza col mitra", è partita a 98 anni per l’ultimo viaggio.

20 luglio 2025 - 81 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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