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I volontari della morte
di
Rinaldo Battaglia *
‘Sei comunista?’
‘No, sono un antifascista.’
‘Da molto tempo?’
‘Da quando ho capito il fascismo’.
Non serve da ragazzo aver studiato Ernest Hemingway per conoscere la differenza tra fascismo e libertà, per quanto oggi qualcuno rivendichi epoche passate o matrici perdute.
Basterebbe aprire solo un libro di Storia, della nostra Storia del nostro Paese, per capire cos’è stato il fascismo.
E magari conoscere ed analizzare alcune tragiche vicende su cui mai nessuno ha girato film, presentato documentari, scritto libri. E qualora qualche disperato lo facesse, il suo lavoro verrebbe immediatamente relegato tra la polvere e le ragnatele della memoria. Soprattutto nella RAI di oggi.
Come la complessa vicenda di Boschi di Ciano, a Zocca nel modenese, del 18 luglio 1944, 81 anni fa.
In quella zona e in quel periodo, come a Salò i fascisti aveva creato su istruzione di Hitler la Repubblica Sociale Italiana, sugli Appennini nacquero altre repubbliche autonome, di spirito partigiano questa volta. Tra queste – forse la più importante – la Repubblica di Montefiorino.
E le azioni partigiane contro i fascisti della zona di giorno in giorno si forzarono, a torto o a ragione.
Il 21 giugno 1944, ad esempio, i “ribelli” piombarono a casa del capo-fascista del Comune di Zocca (Domenico Mezzacappa). Per sue ‘colpe passate’ lo arrestarono, poi prelevarono (ossia rubarono) del denaro dal Banco San Geminiano e San Prospero ed eliminarono cinque fascisti che avevano cercato di bloccarli. Due di loro, Mirko Pistoni e Primo Brascaglia, erano peraltro proprio di Zocca.
In paese le milizie fasciste cercarono subito di convincere i loro soci e padroni nazisti ad organizzare una rappresaglia e, visto che per i tedeschi questa volta era una vicenda non di loro diretto interesse, non assecondarono le richieste. Trovarono invece, le milizie fasciste, immediata risposta da parte di ex-camicie nere, che operavano in autonomia dopo l’8 settembre ’43.
Si presentavano come il “Battaglione dei Volontari della Morte” al seguito di Enrico Zanarini.
Questi era un ex-maestro elementare di Budrio (Bologna), reduce dalla Campagna di Russia. Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana, operando nella valle del Samoggia e del modenese. A capo del “Battaglione dei Volontari della Morte” si rese subito responsabile di vari crimini, distinguendosi per l’efferatezza e la crudeltà nell’uccidere.
A guerra finita sarà chiamato in giudizio per ben 75 omicidi, ma grazie ad amnistie, vuoti di memoria e ‘aiuti’ dall’alto non si farà nemmeno un giorno di galera. C’è chi può e chi no.
Zanarini e i suoi cercarono il momento giusto per ‘sistemare i conti pendenti’.
Il 15 luglio ‘44 due soldati tedeschi vennero misteriosamente uccisi lungo la strada provinciale ai Boschi di Ciano, senza apparente motivo. Venne accusata di questo una formazione partigiana, facente capo a Leandro Palmieri. Mai fu provato, anzi in zona molti dissero (anche nei processi successivi) che i veri responsabili dell’attacco fossero i ‘Volontari della Morte’.
Ricevuta così dai nazisti l’autorizzazione a effettuare un rastrellamento, Zanarini fece prelevare 40 tra partigiani e soprattutto civili dalle campagne della zona (Castello di Serravalle, Ciano, Montombraro e Zocca). Molti erano contadini al lavoro nei campi in pieno luglio.
I 40 vennero chiusi nella sede del “Battaglione della Morte”, dove dopo torture e violenze negli interrogatori, si decise che 20 ostaggi sarebbero stati uccisi. I nazisti lasciarono fare.
Prima di liberare gli altri 20, su questi venne ulteriormente e fortemente usata altra violenza.
Per i 20 prescelti, senza tante spiegazioni o processi, nel tardo pomeriggio del 18 luglio 1944 un autocarro li trasportò al patibolo, che viene allestito nel luogo dell’uccisione dei soldati tedeschi.
I venti ostaggi – alcuni semplici contadini - vennero qui impiccati agli alberi. E quando alcune corde cedettero arrivarono le raffiche di mitra a finire la loro sofferenza.
Tra questi: Water Degno bolognese di 18 anni, Remo Odorici di 21, Silvio e Pierluigi Poggi di 23 e 20 anni, Ivo Sassi di 26 anni carabiniere che dopo l'8 settembre non aveva aderito a Salò e rifiutato di ubbidire ai comandi, qui più ligi verso il Duce.
E ovviamente si finì l’opera, dopo l’impiccagione, con i classici furti e saccheggi nelle abitazioni vicine.
Nei processi a guerra finita si accuseranno e proveranno le colpe del “Battaglione dei Volontari della Morte” (Brigate Nere) di Castello di Serravalle e la Guardia Nazionale Repubblicana e Brigata Nera di Zocca.
Ma tutto finì lì. Arrivarono prima le amnistie. E per la serie: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato.
Questo è stato il fascismo e per la Storia va detto che siamo stati noi il primo paese – ‘Prima gli Italiani’ – nell’era moderna ad inventare il Sistema Fascista, poi bene adottato dalle peggiori altre nazioni.
Durante il Ventennio ci divertivamo a prendere per il sedere le ‘democrazie’ inglesi e francesi, fuori dal mondo e paurose della parola ‘guerra’ dopo il sangue della Somme.
Siamo stati noi la culla del fascismo e parimenti del ‘paraculismo’, sport nazionale che ci ha permesso che il fascismo medesimo - come un fiume carsico – si nascondesse sotto terra e ogni tanto uscisse, magari a Piazza Fontana, a Piazza della Loggia o alla Stazione di Bologna senza che nessuno neanche capisse o intervenisse.
Anche perché quanto si interveniva era solamente per deviare, depistare, arrestare altri che nulla c’entravano. Come Pietro Valpreda dopo il 12 dicembre 1969, fatto incolpare da un certo Marcello Guida, questore capo a Milano da vecchio e invece, da giovane, uomo di Mussolini, quale responsabile fascista del carcere di Ventotene, trent’anni prima.
È davvero la conoscenza della Storica che ci manca, non altro.
Per ignoranza storica siamo da medaglia d’oro, assegnata ‘alla carriera’. Da ‘fuori concorso’ come i film migliori a Cannes. Prima gli Italiani. E poi – come direbbe il grande Fabrizio De André – ‘il resto viene sempre da sé.
Ma anche Charles Bukowski col suo ‘Nati così, in un posto dove le masse trasformano cretini in eroi di successo’ ci starebbe bene, quale descrizione o referenza del nostro tipico ‘modus vivendi’.
Riabilitiamo pure il Fascismo, sdoganiamo dal passato il Duce e i suoi figli della lupa, dedichiamo vie a Mussolini e suoi ‘bravi’. Onoriamo ‘sempre nei nostri cuori’ con necrologi il 28 aprile, dimenticando che il Duce non fu iscritto nella War Crimes Commission dell’ONU solo perché già ucciso.
Nella Conferenza di Teheran di fine novembre’43 i tre grandi vincitori condivisero il fatto che i primi quattro nomi, da segnare nel libro della War Crimes Commission, fossero nell’ordine: Hitler, Mussolini, Himmler e Goebbels. Tre nazisti ed un italiano. Ma con un particolare: nel Terzo Reich la propaganda era in mano a Goebbels, la Shoah ad Himmler, pur con la supervisione suprema ovviamente del Fuhrer, che si teneva stretto a sé il potere militare delle Forze Armate.
In Italia, fino al 25 luglio 1943, esercito, propaganda, politiche razziali erano saldamente ed indiscutibilmente nelle mani di un uomo solo, senza tante deleghe, nemmeno formali. Persino il pluri-presente Buffarini Guidi era il ‘facente funzioni di ministro’, perché il vero ‘numero uno’ agli Interni - ministero allora, in quel preciso momento, forse il più importante – rimaneva solo e soltanto il Duce.
Tacitiamo questo, nascondiamo per bene che 1.283 fascisti si siano macchiati di crimini di guerra, ritorniamo pure ai motti di ‘Dio Patria & Famiglia’, ma la sostanza non cambia.
‘Sei comunista?’
‘No, sono un antifascista.’
‘Da molto tempo?’
‘Da quando ho capito il fascismo’.
18 luglio 2025 – 81 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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