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Donne scioccanti su Gaza
di
Rossella Ahmad
Accennando en passant alla meschina figura riportata dalle donne in politica - non userò termini divisivi e "sensibili" perché le polemiche sterili sull'uso delle parole non rivestono fondamentale importanza, da queste parti.
Vado piuttosto al nocciolo della questione - avevo volutamente trascurato un nome oscuro, sconosciuto ai più, balzato agli onori delle cronache politiche per nessun merito particolare se non la capacità davvero singolare di riuscire a vomitare odio persino nei confronti dei bambini trucidati a Gaza. Un record imbattuto, sinora.
Pochissimi hanno osato violare così platealmente, e senza pudore alcuno, uno dei valori cardine su cui si regge l'esperienza umana: la tutela e la cura, se non l'amore, per i più piccoli ed i più indifesi.
Lo avevo trascurato non perché non avesse importanza: la aveva eccome.
Mi sono occorsi molti giorni e diversi tentativi, in realtà, per riuscire ad ascoltare per intero il suo scandaloso intervento al Parlamento europeo. Uno scandalo le sue parole, uno scandalo che nessuno l'abbia interrotta in nome dell'umana decenza in un consesso rappresentativo dell'ex continente dei diritti.
Completarne l'ascolto ha richiesto una riflessione profonda da parte mia. Sull'umano. Sul femminile. Sulla storia. E sul presente.
Sulla prima questione non c'è molto da dire. L'umanità non è pertinenza di tutti i viventi, lo abbiamo compreso fin troppo bene.
Sulla seconda ho già detto e non mi dilungherò ulteriormente.
Resta la riflessione storica. Ho pensato alle parole di Aimé Césaire, uno dei massimi intellettuali e studiosi del colonialismo.
Sono riferite a tutte le Donazzan di ambo i sessi ed alla loro perversa attitudine egocentrica, egoriferita, egotica, l'intrinseco totalitarismo, la spocchia che li ha contraddistinti nei secoli e che aveva come unica giustificazione l'estrema violenza esercitata senza vergogna nei confronti dei popoli della terra:
"Sì, varrebbe proprio la pena di studiare, clinicamente, in dettaglio, tutti i passi di Hitler e dell’hitlerismo, per rivelare al borghese distinto, umanista, cristiano del XX secolo, che anch’egli porta dentro di sé un Hitler nascosto, rimosso; ovvero che Hitler abita in lui, che Hitler è il suo demone e che, pur biasimandolo, manca di coerenza, perché in fondo ciò che non perdona a Hitler non è il crimine in sé, non è il crimine contro l’uomo, non è l’umiliazione dell’uomo in quanto tale, ma il crimine contro l’uomo bianco, l’umiliazione dell’uomo bianco, il fatto di aver applicato in Europa quei trattamenti tipicamente coloniali che sino ad allora erano stati prerogativa esclusiva degli arabi d’Algeria, dei coolie dell’India e dei negri dell’Africa".
E resta il presente. Il mutuo richiamo, che rimbalza tra i continenti e non riguarda più solo il sud globale e l'intrinseca solidarietà tra gli oppressi. Diventa voce unica, univoca, inequivocabile, che unisce i popoli in maniera trasversale ed orizzontale ponendo una barriera tra vertice e base.
Un cupio dissolvi amarissimo dell'attitudine coloniale di tutti gli occidenti, travolta da un'onda anomala di sangue umano di cui le Donezzan non hanno ancora preso coscienza.
Occorre che lo facciano. Occorre che l'onore delle cronache diventi anche l'onere delle cronache. Che ciascuno sia posto di fronte alle sue responsabilità riguardo a pensieri, parole, opere ed omissioni.
Il crimine di genocidio non è uno scherzo. È l'accusa più infamante per stati ed individui che vi abbiano partecipato, una delle poche per cui non esiste prescrizione. È uno stigma morale impresso come un marchio che resta lì, in eterno, a distinguere e separare come grano dalla pula gli esseri umani e le società in cui si riconoscono.
Avete finora giocato con il fuoco. Questa volta, e da oggi in poi, dovrete essere pronti a pagarne le conseguenze.
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