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Piers Morgan: Gaza è ridotta a un parcheggio
di
Rossella Ahmad
Nel florilegio di pezzi da novanta del giornalismo italico - al 49 esimo posto nella speciale classifica della libertà di stampa di RsF per il 2025, un peggioramento di tre posizioni rispetto all'anno precedente, ricordiamocene sempre - non ce n'è uno peggiore dell'altro.
Apologeti di un genocidio: esseri moralmente inferiori, dal peso specifico di una piuma.
I numeri della carneficina in corso sono da film dell'orrore. Orrifiche ed inaccettabili le modalità del massacro. Ed il nocciolo della narrazione sempre accuratamente occultato: i massacrati sono nella loro terra. I massacratori sono coloni, spesso mercenari. Una verità incontrovertibile, nonostante i giochi di prestigio dialettici di questi criminali: responsabili al pari della cricca leader mondiale di omicidi di bambini, ne condivideranno lo stesso peso di fronte al giudizio dei popoli, una volta che il mondo sarà tornato in asse.
Per adesso il mondo è quello che è, e viene raccontato nei termini che conosciamo. Figure fisionomicamente brutte, di quella bruttezza che prescinde dal mero fattore fisico, hanno ridotto a brandelli ciò che resta di una professione oggi sovrapponibile al mercimonio.
Hanno il compito di spiegare alle masse quale sarebbe il modo giusto, civile, virtuoso di interfacciarsi ad un'oppressione che dura da cento anni. Sempre caricati a pallettoni quando si tratti di stigmatizzare le esecrabili modalità delle rivolte, 'che la violenza, signora mia, non è mai la risposta. E quindi via, ad addomesticare l'ira funesta dei diseredati, a disinnescare qualsiasi ipotesi di escalation hic et nunc.
Faccio fatica persino a guardarli. Parlano di Gaza e del genocidio in corso dando fondo a tutto il repertorio più consolidato di arroganza coloniale e paternalistica, e della sempiterna piaggeria verso il potere.
Uno spettacolo osceno, da cui pochissimi si dissociano.
Nonostante il loro disconoscimento, Gaza è esattamente quella che appare dalle immagini. Un parcheggio spianato da ogni lato, come dichiara Piers Morgan - uno dei pochi giornalisti che in qualche modo tentano di onorare il significato del termine - partito da posizioni smaccatamente filosioniste e venuto in senso fotogramma dopo fotogramma, mese dopo mese.
Il video in questione è uno spaccato del giornalismo come dovrebbe essere, e di cui abbiamo perso il ricordo e persino l'idea, dinanzi alle marchette dei Molinari, dei Parenzo, dei Sechi.
Alla ministra dell'entità sionista che biascica i soliti proclami a proposito della moralità di un esercito ormai simbolo globale ed imperituro di sporcizia etica e vigliaccheria, risponde con una classe da antologia:
"C'è una cosa che avreste potuto fare. Aprire le porte di Gaza al giornalismo internazionale, sicché tutti i proclami che fate su Hamas, definendolo responsabile di qualsiasi cosa, avrebbero potuto essere verificati dai giornalisti indipendenti. Come mai per venti mesi avete imposto il bando sulla presenza dei media internazionali a Gaza, una situazione che non ha precedenti nella storia delle guerre moderne?"
"Crede davvero che se avessimo voluto colpire seriamente Gaza essa non sarebbe stata trasformata in un parcheggio in meno di 12 ore?"
"Gaza È un parcheggio. Avete distrutto il 70% delle infrastrutture, e vi apprestate a distruggerne ciò che resta".
L'ovvio. Che ci sembra oro soltanto perché siamo avvezzi a ricevere secchiate di fango quotidiane dai normalizzatori a libro paga di Israele, dalle colonne dei loro giornali, dai loro indecenti talk show.
Esseri persi, consapevoli dell'ineluttabilità della loro fine ingloriosa, innescata dal martirio di Gaza e dai pogrom in Cisgiordania, non più occultabili eppure occultati.
Quando il contesto è profondamente immorale, non può esservi sopravvivenza.
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