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Meloni e FdI: la parola patriota come scenografia del potere che umilia
di
Alessandro Negrini
C’è una violenza più sottile di quella che si infligge ai corpi: è la violenza sulle parole. Si consuma ogni giorno, nei discorsi, nei decreti, nei tweet. Giorgia Meloni ne è oggi la protagonista più spregiudicata.
Tra tutte le parole sequestrate, e sono già tantissime, svuotate, rivestite di propaganda, ce n’è una che grida vendetta più di tutte: patriota.
Lo pronuncia come un lasciapassare morale. "Patriota" diventa lo scudo dietro cui nascondere politiche di umiliazione sociale, autoritarismo mediatico e servilismo internazionale. Ma se c'è ancora dignità nel linguaggio pubblico, allora il primo dovere, di tutti noi cittadini, è questo: riprenderci le parole.
Ricominciare proprio da "patriota".
Chi è - patriota? Chi è patriota, davvero, non giura fedeltà ai potenti, come Giorgia Meloni fa, ma ai princìpi di quella Costituzione.
Questo lo capisco ancora più chiaramente ogni volta che mi trovo in viaggio.
Il mio lavoro mi porta a muovermi molto, in lungo e in largo per l’Italia e un Europa. E proprio in questa mobilità - così diversa dal radicamento nei piani alti di chi brandisce la patria come proprietà privata - mi capita di incontrare piccole isole, oasi di senso.
Luoghi dove comunità intere lavorano ogni giorno per trasformare i territori da oggetti a soggetti.
Con la cura.
Con l’ascolto.
Aprendosi alle ferite e alle speranze di questo mondo sempre più buio. In queste isole di resistenza civile, il patriottismo non si urla: si coltiva. Non si ostenta: si condivide. È lì, in quelle scuole di paese riaperte, in quelle biblioteche autogestite, in quei terreni confiscati alla mafia diventati orti e cooperative. In alcuni festival che scelgoni di aprirsi al grido del mondo e non sono ai flash sui tappeti rossi.
Lì ho visto il vero senso della parola patriota.
* * *
Oggi più che mai serve una resistenza linguistica. Un atto di igiene democratica. Le parole non sono neutre: sono mattoni con cui si costruisce o si distrugge la convivenza civile. Quando il potere si appropria di parole nobili per giustificare l’ingiustizia, allora il nostro compito è quello di strappargliele via.
E allora diciamolo ad alta voce, tutti:
chi privatizza l’acqua, le ferrovie, la sanità; chi svende i diritti in nome del mercato, non è patriota.
Chi cancella il reddito di cittadinanza, punendo la povertà come fosse una colpa, non è patriota.
Chi tace di fronte al massacro di 25.000 bambini palestinesi,alla cancellazione di un popolo, non è patriota.
E oggi - ora - Chi abbandona Francesca Albanese, funzionaria ONU, italiana, colpita da sanzioni per aver detto la verità, non è patriota: è servo.
Meloni ha trasformato la parola patriota in scenografia. Un fondale. Ma dietro c’è solo il potere che si autoprotegge.
Se questo è il loro patriota - allora io non lo sono.
Perché per esserlo, oggi, è necessario disubbidire a questo coro feroce, disumano, buio.
Oggi - patriota è chi disobbedisce.
Come diceva Don Milani: «Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che io non ho Patria, e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, in privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri.»
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