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15 luglio 2025
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La giustizia di Riace
di Soumaila Diawara

Se il mondo intero fosse stato come Riace, oggi non parleremmo di “problema immigrazione”.

Parleremmo di umanità. Di speranza. Di giustizia. Perché Riace non è solo un piccolo paese calabrese: è un simbolo. È la dimostrazione vivente che accogliere si può, si deve. Che si può costruire un futuro insieme, che solidarietà e dignità non sono utopie. Riace ha salvato l’onore dell’Italia. Ha gridato al mondo che un’altra strada è possibile. E lo ha fatto senza armi, senza proclami, senza paura. Solo con l’amore. Solo con il coraggio.

Ma cosa ha fatto l’Italia di fronte a questo esempio luminoso? L’ha pugnalato alle spalle. Ha preferito schierarsi con i carnefici, con i corrotti, con i mafiosi, con chi specula sulla disperazione. Ha scelto l’infamia, la menzogna, l’odio. Ha processato l’umanità, incarcerato la speranza, infangato chi ha osato costruire ponti invece di muri.

Durante i giochi antirazzisti a Riace, Sir Claudio Ranieri ha detto parole semplici ma potenti. Parole che in un Paese normale sarebbero ovvie, ma che nell’Italia del cinismo e della paura suonano come rivoluzionarie.

Ha parlato del modello di accoglienza di Mimmo Lucano, criminalizzato da uno Stato che punisce chi ama e premia chi odia: “Da una parte c’è la disperazione di madri e padri che mettono i loro bambini sui barconi per farli vivere. Dall’altra c’è l’amore di Mimmo Lucano, che ha dato loro una cosa immensa: una speranza”.

Ha ricordato la nostra storia, quella che tanti fanno finta di dimenticare: “Noi italiani siamo stati migranti. Siamo andati in America, in Belgio, nelle miniere. Abbiamo sofferto. I nostri nonni hanno sofferto. E ora che altri soffrono, cosa facciamo? Li respingiamo? Li umiliamo?”.

E poi, una frase che dovrebbe far tremare chi oggi governa con la ruspa e il manganello: “Oggi chi viene in Italia viene deportato in Albania. E invece… sarebbe bello offrirgli un campo di calcio. Provare ad allenare la speranza”.

Riace è tutto questo. È l’Italia che avrebbe potuto essere. È l’Italia che avremmo dovuto difendere. Invece abbiamo lasciato che la calpestassero, che la condannassero, che la spegnessero.

E allora sì, gridiamolo forte: l’Italia ha voltato le spalle a Riace. Ha tradito sé stessa. Ha scelto la viltà, ha preferito l’odio all’amore, la repressione all’umanità. Ha perso la sua anima.

Ma c’è ancora tempo. Per ribellarci. Per ricordare. Per costruire un’Italia degna di quel piccolo, straordinario paese che si chiama Riace.

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