Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
14 luglio 2025
tutti gli speciali

Il volto dell'amore
di Rinaldo Battaglia *

Il 14 luglio è per i francesi una data particolare. Così pure per tutti coloro che credono nel valore dei diritti e della dignità dell’uomo in quanto uomo.

In quella data, un afoso martedì del 1789, il popolo di Parigi attaccò la prigione della Bastiglia, simbolo del potere assoluto della monarchia francese, liberando i prigionieri e prendendo il controllo della fortezza e poi della città. Al suono di ‘"Liberté, Égalité, Fraternité" si cercava un mondo migliore, con più libertà, uguaglianza tra tutti, solidarietà a favore di chi aveva meno. Poi, in breve, si passò alla stagione del ‘terrore’ col suono della ghigliottina in Place de la Concorde a farne macabro contrasto.

Fu l’ennesimo esempio da quando il mondo è il mondo, dell'eterna lotta tra gli ideali del ‘bene’ e la praticità del ‘male’, tra i diritti di tutti e i privilegi o gli interessi di pochi. L’eterna lotta tra il dio dell’amore (Venere) ed il dio della guerra (Marte) già decantato ai tempi di Roma.

Ma non sempre vince il dio della guerra. Anzi, sarebbe opportuno ribadirlo più spesso. Il Mahatma Gandhi ne aveva fatto un suo comandamento: “Ci sono stati tiranni, ci sono stati assassini, e per un po’ sembrano invincibili, ma alla fine crollano. Ricordatelo sempre. In tutta la storia, la verità e l’amore hanno sempre vinto”.

Giova ribadirlo anche e soprattutto in questi anni cupi con 56 guerre aperte, impegni finanziari fino all’eternità al motto di “Si vis pacem, para bellum” nell’interesse specifico delle solite tasche dei soliti pochi.

Oggi vado un po’ controcorrente e celebro il 14 luglio francese in modo diverso, raccontandovi di un uomo di Parigi, coinvolto suo malgrado nelle due guerre mondiali.

Si chiamava Fernand Arbelot, ma per tutti i suoi cari era solo Louis. Era nato nel lontano 16 febbraio 1880, da una famiglia ricca, quella di Ferdinand Arbelot e di Amélie Poulain. Lo fecero studiare e prima di essere chiamato al servizio militare nel 1900, si era già diplomato nell’esclusiva Scuola Superiore di Studi Commerciali di Parigi. Poco dopo venne assunto nella Banque Continentale de Paris, dove in fretta fece carriera, diventando direttore della prestigiosa filiale di Boulevard Haussmann già ad inizio 1914. Il tutto con programmi e prospettive rosee. Erano gli anni della Belle Epoque e Parigi ne era la sua capitale.

Ma senza tener conto del dio della guerra, oramai impaziente che in Francia da quasi mezzo secolo non ci fossero affari e nuove, cospicue, spese militari. Arrivò così a fine luglio la nuova guerra, con un pretesto cercato e raggiunto, quella che passerà alla Storia come la ‘Grande Guerra’. Anche Fernand venne chiamato alle armi e già dal 29 novembre 1914, col grado di tenente, combattè su più fronti. Fu una tragedia per la Francia e per il mondo intero. Riuscì a sopravvivere a differenza di altri 1.700.000 connazionali (quasi il 5% dell’intera popolazione francese di allora), ma a casa vi arrivò solo il corpo. L’anima era rimasta con gli altri soldati sulla Somme e sulla Maginot.

Era tornato a casa, Parigi era stata salvata, poteva riprendere il lavoro nella sua banca ma Marte, il dio della guerra, aveva colpito fortemente nella sua vita. Ferendone l’orgoglio, uccidendone la speranza.

Ma in suo soccorso arrivò subito Venere, il dio dell’amore, col volto di una ragazza, 5 anni di lui più giovane e bella come il sole. Si chiamava Henriette Marie Louise Gicquel, per lui solo Henriette.

Fu amore a prima vista, forte, unico, straripante. Un treno che passa a 100 chilometri all’ora e che non puoi farti scappare. E’ il treno che ti salva la vita, cambiandotela. Si sposarono subito nella loro Parigi il 7 agosto 1919. Cinque anni prima i tedeschi avevano sfondato la frontiera del Belgio con obiettivo l'Arc du Triomphe e, a Parigi, si sentivano forti le grida del dio della guerra. Cinque anni dopo, in chiesa, il dio dell’amore aveva unito due anime, prima incomplete.

Saranno anni di felicità e di gioia familiare. Fernand si dette persino alle sue passioni nascoste: teatro e musica. Il tutto con grandi successi di carriera e di grandi speranze per l’avvenire. Ma senza tener conto ancora del dio della guerra, oramai impaziente che in Francia e in Europa da 20 anni non ci fossero affari e nuove, cospicue, spese militari. A giugno del 1940 a Parigi sotto l’Arc du Triomphe arrivò Hitler attorniato dai suoi sicari. Persino l’eroe francese di Verdun, che aveva salvato Parigi nel 1916/1917, il M.llo Pétain ora era passato col vecchio nemico a leccargli i piedi ed il sedere.

Per i francesi fu una tragedia peggiore della precedente. Lo stesso per Fernand Arbelot e gli anni dell’invasore nazista lo colpirono molto, nel fisico e nell’anima. Poco importa dei suoi successi in carriera, poco importa la sua promozione dapprima quale vicedirettore della filiale della Westminster Foreign Bank Ltd di Place Vendôme, 18 – la più importante nella capitale – poco importa se di quella filiale poi ne divenne nell’ottobre 1942 ‘il numero uno’.

Fernand cercò di collaborare di nascosto con la Resistenza, ma quella situazione era troppo pesante. Si era tornati indietro di 25 anni, quando regnava sovrano il dio della guerra e il dio dell’amore sembrava invece non esserci. Eppure, se era arrivato fino a lì, lo doveva alla sua Henriette.

Il corpo cominciò a cedergli e più volte confidò agli amici più stretti il suo malessere, chiedendo loro una promessa, a guerra finita, quando a Parigi sarebbe ritornata la luce.

Fernand Arbelot morì il 16 novembre 1942 a Rueil-Malmaison, nel Departement des Hauts-de-Seine, Île-de-France. In silenzio, senza tanti onori: Parigi aveva ben altri problemi che onorare quell’uomo e consolare la cara Henriette. Venne sepolto nel Cimitero Père Lachaise di Parigi, oggi molto celebre perché qui riposano per l’eternità idoli come Oscar Wilde, Edith Piaf o Chopin.

Ma anche quella guerra finì, Parigi venne liberata, Marte fu chiuso in cantina a contare il frutto dei suoi affari e dei suoi interessi. E gli amici più cari si ricordarono della promessa fatta a Fernand prima che morisse. Per quanto fosse stata strana e bizzarra. Anomala, di certo, in un tempo di guerra. Aveva detto loro “Voglio poter guardare il volto di mia moglie… anche dopo la morte”. Voleva per l’eternità ammirare quell’amore che gli aveva salvato la vita, cambiandola. E gli amici mantennero la parola.

Oggi se andate in quel cimitero, quello di Père-Lachaise a Île-de-France (al lotto 11) troverete una tomba particolare. Vi è una statua di pietra che giace su una lapide. Con un volto di donna rivolto verso la scultura. Quel corpo raffigura Fernand, quel volto tra le sue mani quello di Henriette. Senza alcun nome vicino, senza nessuna data incisa accanto. Perché quella donna, quel volto era quello del suo amore e voleva per l’eternità continuare a vederlo e contemplarlo. Anche dopo la morte. Vi è solo una frase, solo due righe, che danno il senso a quella tomba: “Erano meravigliati del bellissimo viaggio che li ha portati alla fine della vita”.

Perché anche l’amore talvolta sorprende, talvolta è una meraviglia anche per gli stessi protagonisti.

L’amata Henriette fu sorpresa, all’inizio, della richiesta del marito fatta agli amici più cari, ma accettò per l’amore che aveva dato e che aveva ricevuto da quell’uomo. Soprattutto perché quella statua e quel volto erano ‘anonimi’, senza dettagli sulle loro identità. L’amore profondo non ha bisogno di etichette, scritte o grandi proclami.

Si dice oggi, passando davanti a quella tomba, che qualcuno – restando alla superficie - ritenga che quel volto o quella testa tra le mani di un uomo, siano un ricordo o un riferimento alla ghigliottina di Parigi dopo il 14 luglio 1789. Un ricordo macabro di un tempo macabro, quando il terrore aveva vinto la voglia di ‘"Liberté, Égalité, Fraternité". Un segno della vittoria del dio della guerra.

Invece, chi non si ferma alla superficie ma preferisce andare in profondità nelle cose, capirà che quello è solo il volto dell’amore, il volto della speranza e della felicità, anche in momenti bui. E che la richiesta fosse avvenuta durante la guerra e quando quell’uomo si sentiva prossimo alla sua morte, dà ancora maggior valore al messaggio. Un segno della vittoria del dio dell’amore.

Henriette vivrà altri 25 anni dopo il suo amato Fernand e quando il 20 aprile 1967, all’età di 82 anni ci lascerà, il suo corpo verrà sepolto a fianco del suo amore, nella medesima tomba, per sempre. Anche nella pietra, anche oltre tempo terreno, il loro amore continuerà. Perché l’amore è immortale.

Anche la guerra lo è. Sin dai tempi di Marte e Venere. Ma non dimentichiamolo: “Ci sono stati tiranni, ci sono stati assassini, e per un po’ sembrano invincibili, ma alla fine crollano. Ricordatelo sempre. In tutta la storia, la verità e l’amore hanno sempre vinto”. 14 luglio 2025 - Rinaldo Battaglia

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale